Quando la realtà fa troppo schifo, ci inventiamo un’invasione aliena. Funziona da sempre. E se la realtà supera la fantasia, non resta che riscriverla, magari con matita alla mano.
Robe dell’altro Mondo (cronache di un’invasione aliena) è una graphic novel che prende forma dal vivo, scena dopo scena, mescolando illustrazione, musica elettronica e teatro. Ma soprattutto è uno sguardo spietato e visionario sul nostro presente, dove l’invasione aliena è solo un pretesto per svelare ciò che ci rende disumani: il pregiudizio, il sospetto, il culto della paura.
A tredici anni dalla sua prima versione, Carrozzeria Orfeo rimette in moto uno dei suoi lavori più surreali al Festival Collinarea di Lari, e lo fa con una nuova veste performativa che assume i toni di un incubo pop, satirico e feroce.
Chi conosce la Carrozzeria Orfeo riconosce subito la firma: la scrittura tagliente di Gabriele Di Luca conserva il suo ritmo sincopato, il gusto per l’eccesso verbale, l’equilibrismo tra umorismo nero e squarci di struggente umanità, tra disperazione e sarcasmo. Ma qui il linguaggio si fa ancora più ibrido, contaminato: Robe dell’altro Mondo non si limita a raccontare, ma disegna, suona, deforma, trascina lo spettatore in un universo visivo che rimanda tanto al fumetto quanto alla performance multimediale.
Il realismo grottesco di lavori come Thanks for Vaselina, Animali da bar o Miracoli metropolitani cede il passo a una drammaturgia per quadri, più astratta, ma non meno urgente.

La storia, del resto, è una lente per osservare le distorsioni del nostro tempo: in un’umanità sull’orlo del collasso economico e sociale, l’arrivo di una razza aliena sembra offrire una possibilità di salvezza. Ma l’euforia lascia presto spazio al sospetto, alla manipolazione politica, alla persecuzione. Gli alieni, da supereroi, diventano nemici da abbattere. E così, mentre i notiziari raccontano verità sempre più distorte e ridicole, la tragedia assume la forma della farsa.
La nuova versione nasce dalla collaborazione tra Carrozzeria Orfeo e Le Canaglie, collettivo visivo composto da Federico Bassi, Giacomo Trivellini e Massimiliano Setti. Le illustrazioni, proiettate in diretta su un fondale video, dialogano con le azioni sceniche, si deformano, si animano: è un teatro da leggere e da guardare, un grande fumetto in movimento, dove ogni tavola genera la successiva in un effetto domino che costruisce un immaginario coerente, straniante, immersivo.
Ma sotto la superficie visiva pulsa forte l’anima della Carrozzeria: la comicità irriverente, volgare, politicamente scorretta. Un’arma scenica affilata che smaschera le ipocrisie contemporanee, rovescia i cliché, ride dell’orrore. I loro personaggi parlano come parliamo noi, o come cerchiamo di non parlare, e proprio per questo ci costringono a riconoscerci nelle loro idiosincrasie. Le risate esplodono, ma spesso restano sospese in gola, incrinate da una consapevolezza amara.
A dare voce e corpo ai vari personaggi ci sono in scena Massimiliano Setti e Sebastiano Bronzato. L’uso delle maschere, che richiama il lavoro dei Familie Flöz ma con un’estetica più corrosiva e urbana, crea una distanza che amplifica l’assurdo e rende più universale ogni espressione, più netta ogni intenzione. Con movimenti fisici precisi e tempi comici calibrati, i due attori costruiscono una galleria umana distorta e tragicomica, amplificata dalle voci fuori campo (Alessandro Tedeschi e Valentina Picello) e dalle musiche originali dello stesso Setti, che completano l’architettura sonora.
L’allestimento scenico è essenziale e dinamico: un fondale su cui prendono vita mondi illustrati, una consolle da cui nascono suoni elettronici e atmosfere musicali, piccoli effetti scenici che attivano continui cortocircuiti tra reale e immaginato.
Un’estetica pop-distopica che fonde comics, videogioco e teatro visivo in un montaggio serrato, a cascata, dove ogni quadro chiama il successivo come in uno storyboard animato. Un esempio riuscito di come la contaminazione tra linguaggi non sia solo un vezzo formale, ma possa diventare strumento narrativo e forza drammaturgica.
Al Festival Collinarea di Lari, si riannoda così un filo con la traiettoria iniziale della compagnia, da cui Carrozzeria Orfeo ha preso slancio per affermare la propria visione nel panorama nazionale. Ma questo ritorno non è celebrazione: è una nuova partenza. Robe dell’altro Mondo guarda avanti, si reinventa, come un grande fumetto sfogliato dal vivo, rilancia il suo sguardo su un presente più inquieto che mai. E ci ricorda, senza sconti, che il vero mostro non arriva dallo spazio, ma da molto più vicino. Da noi.