Home Teatro Un Re Lear smemorato si aggrappa al Buffone

Un Re Lear smemorato si aggrappa al Buffone

[rating=2] Un Re Lear al femminile, quello andato in scena al centro dell’incantevole cortile del Museo del Bargello di Firenze, che ha visto nei panni del vecchio e folle re l’esperta Giusi Merli, affiancata dagli attori della compagnia del Teatro Popolare d’Arte di Bucine, sotto la regia di Gianfranco Pedullà.

“Re Lear o il passaggio delle generazioni”, questo il titolo dello spettacolo, subito a sentenziare come della vicenda drammatica del bardo, la riduzione di Pedullà posi la lente sul passaggio dei poteri da padre in figlio, che nell’opera risaltano a doppio intreccio tra le tre figlie di Lear da una parte e i due figli di Glouchester dall’altro. Una successione generazionale accelerata da una fitta pioggia di ipocrite verità, dove impazienti figli ordiscono trame proditorie ai danni di vecchi padri per la conquista del potere. In scena due padri egualmente colpevoli, che nel corso dell’azione saranno castigati e patiranno in modo orribile per le loro colpe.  « Avere un figlio ingrato fa più male di un morso di un serpente! »

Dalla versione di Pedullà emerge più di un parallelismo con i tempi turpi e pauperistici di oggi, dove i giovani sono costretti ad esser a carico dei genitori e a ricorrere al loro aiuto per conquistarsi l’indipendenza.

Di questo spettacolo ricorderemo: la staticità fisica e attoriale di Lorella Serni, Gaia Nanni e Claudia Pinzauti nelle parti delle figlie di King Lear che come per malia colpisce quasi l’intero cast, la buona dizione, fin troppo puntigliosa dei figli di Glouchester, interpretati da Simone Faloppa e Francesco Rotelli, un buco scenico che pare una voragine come non vedevamo dai saggi laboratoriali e l’immemore serata di Giusi Merli fin troppo nella parte del Re, finendo per perdere la battuta varie volte, e riderci su, solo lei purtroppo.

Emerge su tutti la duttilità scenica di Marco Natalucci, perfetto nel doppio ruolo del Duca di Albany e del Buffone. Dopo la seriosa e impostata interpretazione del Duca entra in modo dirompente nei panni del Buffone, che come un angelo custode accompagna Lear nel suo pellegrinare, dando vigore, ritmo e spessore a tutto il terzo atto.

La regia classica e poco dinamica di Pedullà scarseggia di trovate sceniche, riuscendo comunque ad alleggerire l’opera shakespeariana, affiancando all’ira e alla pietà una comicità velata, che da respiro all’intera tragedia. Nessun azzardo in più però, che francamente poteva starci dopo la scelta interessante di consegnare il ruolo di Lear ad una donna, la Merli, che tranne nei vuoti di memoria si dimostra a suo agio nelle vesti maschili.

D’effetto invece i costumi di Alexandra Jane Meigh e le luci di Marco Falai che avvolgono la scena prospettandola oltre, sulla meravigliosa scalinata del cortile del Bargello, supremo contenitore di arte nelle notti dell’estate fiorentina.

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