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Una nuova Iliade. Con libera licenza

L'Iliade come non l'abbiamo mai vista, con libera licenza ed interpretazione. L'Iliade come può essere fatta oggi. Firma lo spettacolo Alberto Rizzi, su un testo di Alessandro Baricco. Spettacolo presentato a Bologna, il 31 gennaio al teatro Dehon.

Questa volta partiamo dalla fine. Da quella fine che dissacra l’opera. Da quella fine che comunemente chiude, ma che questa volta significa un nuovo inizio. I due guerrieri nemici Ettore ed Achille si sfidano sul campo di battaglia e nello scontro, quasi parossistico, in slow motion, Ettore è vinto. Il vecchio padre scongiura il nemico di restituirgli il corpo dilaniato dell’unico figlio rimastogli. Un narratore scanzonato ed altri, stanno riuniti in banchetto, ed un uomo straniero e sconosciuto ritorna. E’ Ulisse, l’astuto guerriero. Quando tutti aspettano il cavallo, immane segno di tragedia, lui non si presenta. Al suo posto una ballerina da circo in tutina nera, che si esibisce in una danza anni ’30 su un tenero elefantino preparato per la festa. E’ questo il finale che dissacra, che apre le porte all’ interpretazione e ad un nuovo inizio.

E’ l’Iliade di Alberto Rizzi, questa che abbiamo visto,  ma sicuramente anche quella di Baricco, che gioca col testo classico, riproponendocelo per la scena. Non svanisce quell’ Omero che tanto piace, quell’ epica mitica, che è la base della nostra cultura e che inconsciamente conosciamo tutti come parte della nostra narrazione. Il bello di questo evento teatrale è l’incontro tra un testo piacevole, anche ben ripensato, e una scena che è un meccanismo dovutamente oliato e suggestivo. E’ l’incontro tra l’epica e il dramma, tra la parola e il corpo. Quello che più di tutto colpisce di questa Iliade è La struttura scenica che vicendevolmente si crea, aggiungendosi pezzi, personaggi, ambienti. Gli oggetti scenici semplici e quotidiani si caricano di nuovi significati e aiutano nella dialettica creazione dello spettacolo.

E’ una materia ostica, anche cruda, quella del mito che abbiamo visto, dove è la guerra e la battaglia, lo scontro e l’ira che creano le azioni. Menzione speciale all’ ironia, fresca ed originale, parossistica in certi anfratti, ma che tiene l’attenzione di chi partecipa quasi dall’ inizio alla fine.

Ci si perde un po’ nell’ opera. Forse i più intenditori del classico non si sono fatti scappare nulla. Ma per chi si fosse perso nella narrazione, la scena da modo di aggrapparsi a quello che ci vuole mostrare e far udire. In certi tratti quello che pare è di assistere ad una Wunderkammer (camera delle meraviglie) tridimensionale che si apre agli occhi con piacere.

Alla fine dello spettacolo Alberto Rizzi, ci spiega che il suo è uno spettacolo di regia, e questo si  coglie bene.  Ma è anche lo spettacolo degli attori, che spesso sono un corpo unico, uniti in quella vecchia e sorprendente costruzione teatrale che è il Coro. Non è sempre uno spettacolo di personaggi, ma spesso lo è di gruppo. I cinque attori sono tutti giovani, freschi di accademia, che sfidano la scena a volte sorprendendola a volte non vincendola del tutto. Senza dare meriti, alcuni se la sbrigano con più facilità, in altri però si nota qualche intoppo ed errore tecnico, insomma una certa mancanza di pulizia.

Lo spettacolo Iliade, da un testo di Omero/Baricco ( traduzione Maria Grazia Ciani), è arrivato al teatro Dehon di Bologna il 31 gennaio scorso. La co-produzione è di Ippogrifo Produzioni e Fondazione Aida. In scena cinque attori:Diego Facciotti, Enrico Ferrari, Alberto Mariotti, Ilenia Sbarufatti, Margherita Varricchio, diretti dal giovane regista Alberto Rizzi. L’ensemble attori-regista fanno un bel gruppo di nuove leve. Leve che si spera possano ben presto trainare la scena teatrale, auspicando quel ritorno di idee e d’interpretazione nella regia che Rizzi accusa come mancante nel teatro contemporaneo italiano.

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