Si festeggia la promozione di Filippo: dovevano essere molti di più intorno alla tavola, ma sono solo cinque: Carlo, Adele, Margherita, Erminia e Filippo. Un tavolo bianco imbandito delle sezioni di troco per sedili, un terrazzo, abilmente definito da un tenda a pioggia, e le amnesie di Filippo fanno la vicenda scritta da Stefano Terrabuoni, su scappatelle o tradimenti che si celano dietro la patologia che delinea la trama.
Leitmotìv della rappresentazione è la grande atmosfera creata dalla fisarmonica suonata con perizia e trasporto da Gianni Mirizzi, insieme alle parole, a saluto dello stesso regista Luca Pennacchioni, inserito a far parte del cast, nel ruolo di Carlo, in un esperimento perfettamente riuscito. Dà i tempi alle battute che creano lo spettacolo Valentina Mauro, sia nelle indispettite scene di gelosia appena latenti, nei confronti di Margherita, sia nelle situazioni di memoria corta del marito, sia a celare, nascondere, o giustificare gli squilli di telefono, di citofono che forse, ma con voluto mistero registico, ineriscono alle scappatelle con Giovanni.
Tutto funziona in poco più di un ora di spettacolo, in questa pièce che mette a nudo la situazione comune in una cena tra amici, quando l’incontro giustifica più che il pretesto effettivo, la voglia di giustificare relazioni più o meno clandestine dei partecipanti. Divertente il ritmo giocato sulle caratteristiche e peculiarità della Compagnia della Farsa in scena.
Ne scaturisce uno spettacolo fresco, brillante ed ovviamente veloce. I saluti cromaticamente studiati in bianco e rosso, questo rigorosamente per le interpreti contese e ultimo, ma non ultimo ad uscire, colui che colore dà alla messa in scena: l’accattivante fisarmonica ed egli, il suo musicista. Un bel pubblico apprezza quanto, attingendo al romanzo che ha per titolo quanto in locandina, è stato diretto dal regista.