Home Teatro La lente di Goldoni scruta e ingrandisce vizi e virtù immortali

La lente di Goldoni scruta e ingrandisce vizi e virtù immortali

Alla Pergola una bottega del caffè di qualità con la compagnia del Teatro Carcano

Quella andata in scena ieri sera al Teatro della Pergola è stata una briosa rappresentazione di una delle più importanti e fortunate opere di Carlo Goldoni, scritta nel 1750: La bottega del caffè.
Una commedia immortale, nella quale il commediografo disegna un “campiello veneziano”, una piazzetta, con tre botteghe, «quella di mezzo ad uso di caffè; quella alla diritta, di parrucchiere e barbiere; quella alla sinistra ad uso di giuoco, o sia di biscazza». L’obiettivo di Goldoni non era quello di ritrarre un fatto ben preciso, ma di voler dar vita ad uno spaccato della società, e per far questo mette a fuoco una piazzetta e le persone che vi gravitavano intorno, con le loro passioni, i loro vizi e le loro virtù. Il personaggio assoluto è dunque la piazza, luogo pubblico che si trasforma in privato dove le relazioni e le debolezze sono costantemente esibite e spiate fino all’eccesso.

Le vite dei vari abitanti della commedia passano così al vaglio degli occhi insidiosi di Don Marzio e del suo occhialetto, con il quale ingigantisce e deforma la realtà.

Il ricco pettegolo frequentatore del caffè, crede di conoscere tutto di tutti «sono informato di tutto. So quando si va, quando esce. So quel che spende, quel che mangia, so tutto», insinua un leitmotiv di maldicenze «flusso e riflusso, per la porta di dietro», ma infine da carnefice diverrà capro espiatorio di tutta la vicenda e sarà costretto ad andarsene, per mantenere il suo buon nome.

«Anderò via di questa città; partirò a mio dispetto, e per causa della mia trista lingua, mi priverò del paese, in cui tutti vivono bene, tutti godono la libertà, la pace, il divertimento, quando sanno essere prudenti, cauti ed onorati».

Veniamo allo spettacolo di qualità che la compagnia del teatro Carcano, fondata dal grande e compianto Giulio Bosetti, è riuscita a produrre in questa stagione.

Nell’intreccio goldoniano tra quotidianità e finzione a colpire subito l’occhio dello spettatore è la scenografia minuziosa della piazzetta, ricreata magnificamente da Guido Fiorato. Si scorgono vicoli che portano tra le calli veneziane e l’unico assente in una scena che fa del “vero” il proprio punto di forza è solo l’odore del caffè.

L’intero cast diretto da Giuseppe Emiliani si muove d’esperienza sulla scena, mantenendo alti i ritmi delle battute e non calando mai d’intensità. Pilastro di bravura su cui si basa la riuscita della rappresentazione è Antonio Salines, che con un’elevata interpretazione di Don Marzio colora la scena di dialoghi esilaranti e battute che fanno da traino all’intera commedia. Da segnalare su tutti gli altri attori Enrico Bonavera, che nei panni di Trappola, garzone della bottega del caffè, ci mostra una prova d’attore verace con richiami alla commedia dell’arte.

Un’opera dove emerge l’acuta attenzione con la quale Goldoni scruta i personaggi del suo tempo, descritti con grande attenzione, arte e leggerezza, tanto che dietro la cornice settecentesca l’intera “sua” società non è così lontana dalla “nostra”.

Una società moderna in parte regredita, dove difatti si è perso completamente la piazza come luogo d’incontro e contatto tra le persone. Le nuove piazze sono virtuali e chiuse tra le mura domestiche. L’era dei social network, vere cloache del pettegolezzo, popolate da sottospecie di Don Marzio, mantengono così tutti vicini e lontani allo stesso tempo, della serie “al peggio non c’è mai fine”.

L’attuale condizione dei teatri e delle compagnie teatrali infatti non è da meno, c’è stata ricordata all’inizio del secondo atto alla riapertura del sipario, quando tutti gli attori si sono fatti trovare a “volto scoperto” per informare il pubblico in sala della precaria sopravvivenza delle compagnie teatrali a seguito dei tagli governativi. Se i tagli avessero dovuto incidere sulla realizzazione dello spettacolo, ci ricorda la compagnia, la performance attoriale sarebbe dovuta terminare alla chiusura del primo atto, ma per il rispetto verso gli spettatori, è stato deciso di completare lo spettacolo.

A conclusione di questo breve comunicato un grande e lungo applauso ha riempito la sala, al quale abbiamo associato chiaramente anche il nostro.

Non ci resta che sperare in tempi migliori, anche se ad oggi citando Beckett la situazione sembra più vicina alla paralisi di “giorni felici”.

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