
Un pomeriggio all’insegna di una sensibilità tutta “galante” quello trascorso sabato 5 febbraio al Teatro della Pergola di Firenze con gli Amici della Musica ed il loro ospite d’eccellenza, il pianista russo Alexei Volodin, che ha compiuto un percorso davvero interessante alla ricerca della simbiotica trama tessuta tra classico e romantico.
Per l’occasione il virtuoso è partito dal classico Franz Josef Haydn e la suaSonata in mi bemolle maggiore, Hob.XVI:49, del 1789-90, dedicata all’amica Marianna Genzinger. Si tratta di un’opera che appartiene al periodo della piena maturità artistica del compositore, delicatamente fluida, ora malinconica ora serena, che ha in sé già nuclei che anticipano persino il fatidico tema beethoviano del destino, toccando punte di “piena espressione” con un “significato profondo”, come rivela alla dedicataria lo stesso Haydn per il secondo movimento, “Adagio e cantabile”.
Sulla scia dell’evoluzione della sonata, il maestro propone poi la Sonata n.18 in mi bemolle maggiore op.31 n.3 di Beethoven, quasi ad avvicinare due compositori apparentemente così lontani. In realtà questa composizione ci presenta un Beethoven molto diverso da quello appassionato e romanticamente tormentato tanto noto ai più, teso a sradicare i vecchi canoni della sonata “classica”: sembra anzi volersi riavvicinare proprio a dei modelli più regolari. Questa sonata resta comunque un bell’esempio di quell’indagine compiuta dall’autore all’interno del genere, con quel suo carattere quasi atematico e la sua virtuosistica “fanfara” finale.
Tutta la seconda parte del concerto è invece dedicata all’audace e originale genio di Fryderyk Chopin con il suo ciclo nato dalla devozione per Bach, ovvero i 24 Preludi op.28, pubblicati già nel 1815, brani brevissimi che toccano tutte le tonalità maggiori e le relative minori. Si tratta di vere piccole perle e, come sottolinea uno dei maggiori studiosi dell’opera chopiniana, ovvero Gastone Belotti, «non appunti sommari di un inizio di spunto, di un motivo, di uno svolazzo, come spesso si trova nel portafogli dei compositori, ma impressioni e visioni, magari fuggevoli, di espressione immediata, che raggiungono un massimo d’intensità lirica o drammatica in una eccezionale sintesi formale e architettonica. Sono stati d’animo, atti di un’intensa soggettività e di intimità profonda, prova di un’immensa capacità di condensare, di sintetizzare in momenti brevi o brevissimi sentimenti anche complessi, ma organizzati sin dall’origine in strutture perfettamente complete da un punto di vista formale ed espressivo». Ancora, come affermerà il sorpreso Schumann, «sono schizzi, principi di studio, se si vuole, rovine, penne d’aquila, tutto disposto selvaggiamente e alla rinfusa. Ma in ciascuno dei pezzi sta scritto con delicata miniatura perlacea “Lo scrisse Chopin”: lo si riconosce dalle pause e dal respiro impetuoso. Egli è e rimane il genio poetico più ardito e più fiero del nostro tempo. Ma la raccolta contiene anche qualcosa di malato, di febbrile, di repulsivo; vi cerchi ciascuno ciò che lo può allietare, e soltanto il filisteo ne rimanga lontano».
Volodin, dopo queste splendide miniature, conclude con il Valzer op.64 n.2 ed il magico Notturno in do diesis minore, opera postuma.
Davvero un bel concerto per Alexei Volodin, natio di San Pietroburgo, vincitore del Premio “Géza Anda” di Zurigo, ospite frequente del Teatro Marinskij. Il pianista ha suonato con prestigiose orchestre come la London Symphony, l’Orchestra della Radio Bavarese, la Filarmonica del Teatro della Scala, l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia, la Sydney Symphony, la Russian National Orchestra, l’Orchestra National de France, la Filarmonica di San Pietroburgo, l’Orchestra della Tonhalle di Zurigo, pubblicato CD per Live Classics e recentemente ha firmato un contratto in esclusiva con la Challenge Classic.
Unica nota dolente dell’evento lo squillo ripetuto e prolungato di un telefonino, che bruscamente ha interrotto l’incanto dell’ultimo Notturno: concludiamo auspicando un maggior rispetto futuro.