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La fiamma del vino rende vivo il sangue di Falstaff al Teatro Vittoria

A Roma per la regia di Carlo Emilio Lerici con Edoardo Siravo

A ritmo di charleston il palco si movimenta e quattro porte in movimento nelle scene disegnate da Giacomo Celentano, eccoci alla Locanda della Giarrettiera e Madama Quicly, brillantissima Francesca Bianco ci porta nell’atmosfera brillante e farsesca della vicenda. Una dote di 700 sterline andrà ad Anna Page se si sposerà e qui il pretesto crea le macchinazioni in capo ai primi sopravvenuti Mastro Page, Mastro Sciapito, Mastro Carente a far si che quest’ultimo sia il promesso sposo.

Una lettera nelle mani della faccendiera della locanda muove perché tutto questo sia veicolo di informazione dalla bocca di questa all’animo della fanciulla. Entra in scena accompagnato dai suoi prodi servitori appunto Sir John Falstaff o Edoardo Siravo grande mattatore e lo canta “…la fiamma del vino rende vivo il sangue e le persone…” senza vino nella sua morale non c’è ebbrezza e vivacità, ed anch’egli visto il suo borsellino in carenza di denaro, studia a cercar il modo di rimpinguarlo e quale miglior situazione vista la location nella quale si trova, se non inviare due lettere a due possibili pretendenti, forte del suo carisma passionale, le Comari Page e Ford.

Due lettere identiche con differente solo il nome dell’interessata giungeranno, tramite l’affabile savoir-faire di Madama Quickly, nelle mani indicate a costei. Ne genereranno come logica conseguenza un appuntamento tra le 10,00 e le 11,00 in casa di Comare Ford perché  in quel mentre il marito non c’è. Casualità vuole o gioco della vicenda che il nostro giullare di corte incontri i mariti della due madame e il più geloso dei due si mostrerà sotto le mentite spoglie di Mastro Brooke o Ruben Rigillo, dall’eccellente presenza scenica, per sincerarsi della fedeltà della moglie e invero sentirsi dire in pieno viso ‘cornuto’ da Sir John.

Nel susseguirsi della storia la grande bravura dei due complici servitori in varie vesti e personaggi siano essi Roberto Tesconi o Fabrizio Bordignon, vedremo il nostro divertente e divertito protagonista ora gettato in una cesta di panni sporchi sulle rive del Tamigi, ovvero nei panni di una vecchia signora riempito di percosse, o a mo’ di cervo in una burlesca situazione notturna trai boschi di Windsor e qui  i costumi a firma Annalisa Di Piero, raggiungono l’apoteosi, tutto grazie alle bravissime abilità sceniche nonché intraprendenti delle due comari Gabriella Casali e Susy Sergiacomo nei panni rispettivamente di Madame Ford e Page.

Bellissima regia e senza sosta nel divertimento, naturalezza e ritmo della rappresentazione dello spettacolo quella di Carlo Emilio Lerici, nel manifestare con diverse caratteristiche i tre differenti pretendenti della fanciulla interpretata da Beatrice Coppolino. E menzione di carisma e appeal recitativo va a Giuseppe Cattani nei panni di Mastro Carente e a Fenton piuttosto che a Dottor Caius, ancora Fabrizio Bordignon e Roberto Tesconi rispettivamente.

Si ride, ci si diverte e il charleston che accompagna le situazioni agevola che la scenografia muova le porte a bordo quinte per le dimore delle due comari ovvero in terza per la locanda di Madame Quickly e il nostro burlone Edoardo Siravo non smette un attimo di affascinare la platea numerosa ma non colma, con sorprendente dinamismo e arguzia fino alla morale a chiusura di messa in scena che il Falstaff è il più grande burlone, ma la sua derisione ha come beneficio il sorriso che genera in chi la fa e in chi se ne diverte per affrontare momenti più bui. E con il saluto, al sempre presente nell’anima degli attori in scena, ad Antonio Salines da sempre suoi compagni di avventura, si chiude la farsa shakespeariana e uno scroscio di applausi suggella il perfetto risultato nel compiacimento degli spettatori.

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