Home Teatro Intervista aperta a Judith Malina: “The Plot is the Revolution”

Intervista aperta a Judith Malina: “The Plot is the Revolution”

Un giardino in pendenza che va a finire a ridosso di una costruzione. Il palco, quadrato e posizionato nella parte bassa, circondato dai tralicci per sorreggere l’impianto luci, sembra inserito in una specie di anfiteatro fatto d’erba. Il pubblico circonda questo quadrato bianco su sedie di fortuna o seduto direttamente per terra, il teatro esce dagli schemi classici, lo spettacolo è gratuito, libero, all’aria aperta, fresco, proprio quello che ci si aspetta conoscendo un minimo la compagnia del Living Theatre.

Nel 1947 i poco più che ventenni Judith Malina e Julian Beck, attrice lei pittore lui, fondano la compagnia teatrale del Living Theatre a New York. Le loro prime rappresentazioni sono eseguite a casa loro, data la scarsità dei mezzi ma anche il fatto che a teatro va in genere chi se lo può permettere, mentre il loro messaggio è rivolto principalmente alle masse, al proletariato, agli emarginati. Il loro teatro è di protesta verso il potere, anarchico e pacifista, ma soprattutto è “vivente”, come dice anche il nome, cioè vero: si nota l’influsso del Ready made di Duchamp che stava prendendo piede in quegli anni, ad esempio in una delle loro prime rappresentazioni, dove il ruolo dei drogati veniva interpretato appunto da alcuni di loro, reclutati per strada; il teatro non è più luogo di finzione ma un modo per sottolineare i problemi che ci circondano, uno strumento di intervento politico e sociale. E le attività della compagnia andavano ben al di là della semplice produzione teatrale: Judith, durante questa sorta di intervista aperta, ci racconta di quando l’intera compagnia del Living Theatre fece un’incursione in un famoso negozio di giocattoli, attaccando con la colla sui fucili dei soldatini e sulle armi giocattolo in vendita, un cartello con scritto “questo oggetto insegna a tuo figlio la violenza”. Queste “attività collaterali” hanno dato la possibilità alla compagnia di visitare spesso le patrie galere di 12 diversi paesi nel Mondo. Ogni volta era un’occasione per entrare in contatto con la gente più povera ed emarginata, per ascoltare le loro storie che poi puntualmente venivano dissotterrate, messe in scena e portate all’attenzione del “grande” pubblico.

Vederla arrivare su una sedia a rotelle sorretta dagli altri elementi della compagnia e saperla in una casa di riposo per attori, fa venire un groppo in gola, abituati come siamo a vederla correre, saltare e portarsi sulle spalle un uomo per trenta minuti pur continuando a recitare! I suoi 87 anni si fanno sentire, “purtroppo il mio corpo non mi consente più di esternare la mia energia” ed in questo spettacolo “The Plot is the Revolution” è aiutata da Silvia Calderoni della compagnia teatrale riminese Motus. Mentre Judith risponde alle domande di Silvia in italiano, ma anche con molte più emozioni e minori filtri, in americano, Silvia rende scenicamente quello che Judith può purtroppo soltanto raccontare. Si notano, però, molte dissonanze fra le due versioni, una su tutte riguardo la figura dell’Antigone, personaggio interpretato da entrambe le attrici ovviamente in tempi diversi. L’Antigone della Calderoni parte improvvisamente a piangere, ma questo stona con quella di Judith, che infatti dirà “l’Antigone del Living Theatre non piange mai!”, oltre a non lasciare al pubblico il tempo di sincronizzarsi con quello stato emozionale così rapido, risultando costruita e falsa. Anche in altri punti, come nell’escalation del dolore fisico percepito a causa dell’oppressione mentale del potere, il risultato è grottesco e un po’ urlato. Molto meglio durante il racconto di Malina sull’esperienza carceraria, dove si percepisce distintamente la depersonalizzazione e l’alienazione del detenuto, da sempre importanti tematiche della compagnia.

L’utilizzo del palcoscenico nel finale come se fosse un pezzo di carta dove ognuno può scrivere qualcosa è un’idea vincente, anche se non nuovissima: l’individuo/uomo non è semplice spettatore ma partecipe e artefice del proprio destino.

Successo di pubblico soprattutto giovane, e questo rappresenta un vero e proprio messaggio di speranza, dato che l’Italia nel passato ha rappresentato una fonte di ispirazione importante per le nascenti correnti di pensiero (ad esempio fu proprio Pirandello con il suo “Questa sera si recita a soggetto” ad ispirare una giovane Judith), ma che negli ultimi anni si è un po’ annacquata nel conformismo e nell’apatia.

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