Home Teatro Il racconto in musica di Fútbol

Il racconto in musica di Fútbol

La poesia del calcio sudamericano di Osvaldo Soriano tra parole e musica di Peppe Servillo

Fútbol con Peppe Servillo, Cristiano Califano
Fútbol con Peppe Servillo, Cristiano Califano

Ci sono partite che si giocano su un campo di calcio e altre che si giocano nella memoria, in quel territorio incerto tra nostalgia e sogno. Fútbol, lo spettacolo di Peppe Servillo andato in scena al Teatro di Rifredi, appartiene alla seconda categoria: una lettura in musica che trasforma le parole di Osvaldo Soriano in un viaggio dentro la poesia del calcio sudamericano. Un calcio fatto di uomini prima che di campioni, di sconfitte più che di vittorie, di storie che s’intrecciano tra le pieghe di un pallone consumato dalla polvere e dal tempo.

Servillo, con la sua voce inconfondibile, cesella il testo con precisione, restituendone la musicalità e il respiro. A dargli il contrappunto è la chitarra di Cristiano Califano, che accompagna alcuni pezzi tratti dall’album omonimo di Servillo.

Soriano raccontava il calcio come metafora di vita, e Servillo lo incarna con la sua teatralità asciutta e intensa. Le storie si susseguono come azioni di gioco: il mister Peregrino Fernández, l’allenatore senza tempo, l’emigrato italiano Don Salvatore, pianista del Colón e poi, inevitabile, Maradona, l’eroe tragico di un’epoca intera. Non c’è retorica, solo la consapevolezza che il fútbol è sempre stato più di uno sport: è un rito collettivo, un atto di resistenza, un’illusione necessaria.

Ma qualcosa manca. Lo spettacolo affascina, ma a tratti resta imbrigliato nella sua stessa eleganza. Se da un lato la scelta di una lettura musicale restituisce la profondità del testo, dall’altro rischia di allontanare il coinvolgimento più viscerale. Servillo è magnetico, Califano impeccabile nell’accompagnamento dei pezzi, ma il gioco resta un po’ troppo perfetto e ripetitivo, senza quel guizzo imprevedibile che accende la magia del calcio e del teatro.
La forma scelta da Servillo tende più a ricordare un’esibizione canora che un vero spettacolo teatrale. Ogni lettura si conclude con un inchino, quasi a cercare l’applauso come in un concerto di musica leggera. Questa ripetizione, invece di favorire il coinvolgimento del pubblico, finisce per frammentare l’esperienza e appesantire il ritmo dello spettacolo. In teatro si cerca un flusso più continuo, un’immersione che queste continue rotture rendono difficile e, alla lunga, faticosa.

Eppure, quando le ultime parole si dissolvono e le note si spengono, resta nell’aria una sensazione sottile, quasi un’eco: quella di aver assistito a una partita senza vincitori né vinti, in cui l’unico risultato che conta è l’emozione. Perché “quando il pallone comincia a rotolare, tutto il resto può aspettare”.

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Exit mobile version
X