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Il pirandelliano giuoco delle parti della compagnia Orsini

Umberto Orsini porta all'Eliseo di Roma una versione rinnovata della pièce di Pirandello

Umberto Orsini è Leone Gala ne Il giuoco delle parti

Umberto Orsini, un nome ben noto ai frequentatori di palchi, un vero pezzo di storia del cinema, della televisione e naturalmente del grande teatro. Un gigante nell’arte della recitazione, la cui sola presenza scenica è indice di un incantesimo affabulatorio al quale nessuno spettatore è in grado di sottrarsi. Una voce unica, che arriva come un tuono dentro lo sterno, impossibile staccare lo sguardo da quel suo gesto misurato e sferzante al tempo stesso. Il suo Leone Gala ne Il giuoco delle parti è un uomo pacato, ma solo in apparenza arreso al fato di un matrimonio finito, il cui sguardo lascia intravedere chiaro un velo di irrisolta ruggine verso la moglie Silia e l’amante di lei, il “buon Venanzi”.

Umberto Orsini e Alvia Reale ne Il giuoco delle parti
Umberto Orsini e Alvia Reale ne Il giuoco delle parti

La storia arcinota è quella di un marito tradito, che si piega alla pacifica separazione dalla moglie a patto che lei accetti le sue puntuali visite serali, per non dar adito alle chiacchiere del vicinato. Un fortuito episodio d’offesa a Silia, le darà il pretesto per spingerlo ad un duello che ne riscatti l’onore, ma l’astuto Leone intuendo i piani della donna, ne rovescia il proposito di liberarsi una volta su tutte di quell’ormai odioso vincolo nuziale.

Nella versione orsiniana post divorzio registico da Lavia (adattamento di Valerio Orsini e regia di Roberto Valerio), Leone rivive il passato in una sorta di manicomio-limbo, dove il marito tradito ha vendicato il torto subito, ma la liberazione da quel vincolo matrimoniale ha per assurdo spinto i due coniugi in una nuova forzata convivenza nella medesima prigione dell’anima. Un tipico “gioco” ad incastri pirandelliano, dove il tragico è già “appeso” su quei volti d’ironia lacerante, splendidamente reso da Orsini, vero mattatore sulla scena, un asso piglia tutto che oscura Alvia Reale (Silia) e Totò Onnis (Venanzi), lasciando stranamente spazio ai “minori” Flavio Bonacci (il medico), Claudio De Ruggeri (un bravissimo infermiere-maggiordomo) e Alessandro Federico (l’amico spadaccino). Bellissima la scena di Maurizio Balò, vera protagonista a braccetto con Orsini, dove la bianca luce onirica dei fantasmi del passato oscilla altalenante sul grigio attonito del presente, in un gioco di ombre e chiaroscuri da maestri. Che dire, splendida pièce.

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