Home Teatro Enrico IV: da Luigi Pirandello a Franco Branciaroli

Enrico IV: da Luigi Pirandello a Franco Branciaroli

[rating=5] Metateatro, straniamento, follia, realtà, relativisimo, finzione. Sono questi gli ingredienti dell’Erinco IV che Franco Branciaroli ha messo in scena per la prima volta al Piccolo Teatro Strehler la sera del 21 ottobre.

Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo“. La “morale” pirandelliana è talmente importante che viene enunciata molto prima della conclusione. Eppure lascia il dubbio: la realtà è follia o la follia è realtà? Un po’ tutte e due le cose, si potrebbe salomonicamente concludere. Ma non è questo il senso dell’Enrico IV messo in scena dal supremo Franco Branciaroli, interprete e per la prima volta anche regista di quello che è considerato il capolavoro teatrale di Luigi Pirandello assieme a Sei personaggi in cerca d’autore. Il livello di riflessione si sposta più “in basso”, ad altezza d’uomo: siamo persone o personaggi? Lo stesso Pirandello parlerebbe di “pupi” di “corde serie, pazze e civili” (Il berretto a sonagli ndr) che ci consentono di rivolgerci al resto dell’umanità secondo convenzioni e rituali stabiliti. Un po’ come a teatro. Esattamente come a teatro.

Ben presto si rivelano e si scontrano i due linguaggi dell’opera: comico e tragico, che “danzano” e si alternano per tutta la durata dello spettacolo. E con loro la consapevolezza del limite tra realtà e finzione. “In questo Amleto alla rovescia, un sano che fa il pazzo”, spiega Branciaroli, “torna un tema, più teatrale che filosofico, che mi affascina: quello della finzione. L’unica cosa che un attore può fare in maniera autentica è l’attore”.

Enrico IV ph. Umberto Favretto

Guai a chiamarla filosofia, quindi. Pirandello è teatro allo stato puro per Branciaroli, che dopo aver vestito i panni di Sir, capocomico shakespeariano in declino in Servo di scena di Ronald Harwood, e di Bruscon, attore-autore megalomane e frustrato nel Teatrante di Thomas Bernhard, prosegue con un’altra messa in scena di un testo di teatro nel teatro. Il dramma in tre atti scritto dal premio Nobel siciliano è in cartellone al Piccolo Teatro Strehler di Milano dal 21 ottobre al 2 novembre.

Branciaroli “attualizza” il testo ambientadolo ai giorni nostri, esaltando in questo modo la “dimensione senza tempo” dell’opera pirandelliana. Il protagonista è un innominato nobile affetto da una forma di “pazzia” dovuta a un colpo alla testa rimediato durante una mascherata a cavallo vent’anni prima. La sua maschera era, ed è, quella di Enrico IV, il celebre imperatore che “fissa” eternamente i suoi compagni di recita come la marchesa Matilde Spina, sua figlia Frida, il marchese Carlo di Nolli, il barone Tito Belcredi, lo psichiatra (spacciato per un vescovo) Dionisio Genoni. La scenografia, estremamente composita, ripropone l’eredità “mobile” del Piccolo, con carri, carrozze, scale ed elementi scenici che transitano, compaiono e scompaiono prendendo attivamente parte al dramma. Lo spazio drammatico risulta così frammentato e compatto al tempo stesso: è intellegibile da parte dello spettatore, che riesce a “viverlo” grazie anche agli effetti luminotecnici, che caricano e “scaricano” di pathos la scena. In particolare, la scena in cui Enrico IV confessa serenamente la sua consapevolezza ai suoi quattro servitori, un faro posizionato alle spalle di un fondale opaco accresce gradualmente la sua grandezza e luminosità, dando l’illusione di una caldissima, enorme luna che sorge e conquista il cielo notturno. I costumi evidenziano, come nel testo originale, il divario tra realtà (abiti comuni dei nostri giorni) e finzione (tenute di stampo medievale). Quando la follia di Enrico IV incontra ed entra prepotentemente nella realtà, però, i costumi abbandonano questa loro funzione evocativa, lasciando spazio a dei personaggi percepiti quasi come “nudi”, “spogliati” di un’appartenenza storica.

Nonostante la vocazione metateatrale, questo testo – in Pirandello e ancor più nella messinscena di Branciaroli – sembra quasi “rispettare” la quarta parete, infrangendola soltanto un paio di volte con a-parte e sguardi “obliqui”. Un meccanismo molto più prossimo allo straniamento brechtiano che a una volontà pirandelliana di “strabordare” nella platea, portando il “mondo del teatro” nel “teatro del mondo”. La scelta di proporre uno spettacolo in due tempi intervallati, invece che articolarlo in tre atti come prevede il testo originale, risponde all’esigenza di offire al pubblico la suggestione di una storia compatta, continua, che non ha fine né inizio. Come se l’essere umano, venendo al mondo, fosse ineffabilmente destinato alla follia. O, meglio, alla realtà della follia. Franco Branciaroli è l’ultimo ad apparire in scena, ma soltanto con la sua entrata si comincia a respirare sul serio il profumo di un’opera che lascia molto alla recitazione e all’interpretazione drammaturgica la comunicazione di un senso piuttosto che un altro. In quest’ottica il lavoro del regista-interprete e dei suoi attori è stato coerente e, ancora oltre, magistrale. Le battute, gli scambi veloci, i silenzi e la prossemica non perdono occasione per evocare sulla scena tutte le variabili necessarie a decifrare l’equazione realtà-finzione: i legami famigliari e amorosi, i desideri, i rancori nascosti, l’interesse scientifico, la volontà di fingere, la consapevolezza, il compromesso. Melania Giglio, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, Tommaso Cardarelli, Valentina Violo e Daniele Griggio riescono a restituire in maniera perfetta l’oscillazione esistenziale dei personaggi chiamati alla farsa, offrendo la suggestione conclusiva di una presa di coscienza insieme preziosa e terribile: noi viviamo nella realtà, e la realtà è folle.

Il finale non conclude, non chiude. Lascia aperto quel mortale quesito dal quale si è partiti. La risposta alla domanda è la domanda stessa. Il testo di Pirandello, in questo senso, si arricchisce di una lettura coerente, esaltante. Un esempio che dimostra che l’attualizzazione “rispettosa” delle grandissime opere teatrali italiane è possibile. E piacevole, molto.

1 COMMENTO

  1. Enrico IV di Branciaroli visto al teatro Bonci di Cesena il 14/02/2015.
    Grandissimo Enrico IV, spettacolo profondo e sorprendente, sempre interessante la trama e la riflessione di quest’opera pirandelliana, interpretato magistralmente da Branciaroli. Da non perdere assolutamente.
    (riflessione su vita società e pazzia, non romantico, non adatto a bambini)

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Exit mobile version
X