
Per quanto ridicolo e banale possa sembrare, l’essenza del teatro, in ogni suo genere e forma, è necessariamente rappresentata ed animata da un testo teatrale ben scritto, ma soprattutto ben pensato. L’arte d’oggi giorno tende infinitamente alla dissezione e separazione della concezione di bellezza dall’idea che la costituisce, ma il teatro ancora (forse per poco e non ovunque) regge. Al cospetto dei grandi flop musicali usciti dai vari X-Factor, The Voice e compagne, l’arte teatrale fa dell’estro e della creatività uno scudo contro il capitalismo artistico che sovrappone la fama ed il successo alla passione e alla dedizione.
Prodotto in collaborazione fra la compagnia teatrale Gagglebubble e il Wales Millennium Centre di Cardiff lo spettacolo teatrale Double Vision si propone di focalizzare l’attenzione sulla riscoperta della soggettività della verità attraverso uno spettacolo giallo.
Double Vision racconta la storia di una cantante cieca (Serena) su una nave da crociera, la sua migliore amica (Mel), segretamente innamorata di lei ed un viaggio alla scoperta della loro visione della realtà. Nel corso della storia viene raccontato come Serena ritrovi la vista allo stesso tempo della misteriosa morte di vari personaggi. La “doppia visione” di cui parla il titolo si riferisce al racconto della storia dai punti di vista dei due personaggi principali.
Tutto il setting dello spettacolo, lussureggiante, tecnologico e alquanto alternativo, pronosticano un’esibizione che possa essere ricordata negli annali per la sua creatività e alternatività. Purtroppo, non appena iniziato, si capisce che questo non sarà proprio il caso.
Dopo una prima simpatica introduzione dei tre Stuart della nave, alcuni fari proiettati dal fondo del palco illuminano un telo bianco sul quale vengono animate le prime scene attraverso le ombre dei personaggi. La banda inizia a suonare e la prima delle due voci narranti, ovvero quella di Mel, ci parla di un personaggio morto suicida dopo essersi tuffato dalla nave. Dei proiettori trasformano il telo nelle acque dell’oceano dal quale s’innalza un canto mistico, e ci riportano sul palco dove Serena canta ogni sera. Ad opera in corso, nel momento in cui Serena ritrova la vista, è lei stessa che inizia a narrare la storia dal proprio punto di vista accompagnando il pubblico verso la risoluzione del mistero.
Lo spettacolo incuriosisce l’occhio attraverso l’utilizzo di diverse tecniche teatrali, come l’impiego di ombre e luci per rappresentare la cecità amorosa alla quale Mel è sottoposta. Una volta superato il primo momento di entusiasmo però siamo lasciati con una storia fra le mani priva di creatività e fantasia e, per molti aspetti, pure noiosa e prevedibile. Anche l’energia degli attori sembra rispecchiare una certa tristezza del testo, che riesce a recuperare un po’ di brio soltanto nella seconda parte, quando i nodi iniziano ad arrivare al pettine, senza comunque mai sorprendere.
Lo scontro fra comicità e thriller dei personaggi non-protagonisti, inoltre, rende il tutto estremamente macchinoso e difficile da comprendere lasciando lo spettatore con un’unica opzione: focalizzare tutta l’attenzione sui personaggi principali, fra cui, surprise surprise, c’è il colpevole del delitto!
Pur apprezzando lo sforzo economico e creativo nel creare una rappresentazione colorita e scenograficamente intelligente, Double Vision rappresenta in maniera più assoluta la necessità di opere teatrali di ogni genere di continuare a ricercare nella creatività del testo, e non nella futile apparenza, l’unicità che rende uno spettacolo degno di questo nome.