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Dignità autonome di prostituzione: il mestiere più antico del mondo

[rating=5] Dignità autonome di prostituzione è uno spettacolo teatrale nato otto anni fa da un’idea di Luciano Melchionna in collaborazione con Betta Cianchini e in scena fino a Capodanno al Teatro Bellini di Napoli che ospita la compagnia per il sesto anno consecutivo e diventato ormai un appuntamento immancabile per la sempre più crescente folla di spettatori.

Alla base dello spettacolo c’è una critica al sistema di mercificazione dell’arte che dà a tutto un prezzo e mette in atto meccanismi di sfruttamento degli artisti; Melchionna ha deciso di portare alle più estreme, e grottesche, conseguenze la situazione fino a trasformare il teatro in un vero e proprio bordello dove gli attori e le attrici vestono i panni di maitresse, prostitute e gigolò.

Lo spettatore riceve all’ingresso, insieme al biglietto, cinque dollarini, soldi finti che serviranno per pagare le prestazioni degli attori che girano per la sala centrale del teatro adescando i clienti chi in maniera volgare, chi con toni ammalianti, chi con fare scherzoso. Il clima è festoso, divertente e lo spettatore/cliente è travolto dalla confusione dei boa di struzzo colorati, dei lustrini dei vestiti, delle luci rosse e fucsia che scaldano l’atmosfera e si lascia così adescare da queste belle donne che promettono godimenti e da questi bei ragazzi che assicurano l’amplesso.

Dignità autonome di prostituzione

La prestazione però non avviene in un pubblico, bisogna trovare un posto appartato, dove un piccolo gruppo di clienti possa godere in maniera esclusiva di quello per cui ha pagato, così la prostituta/attrice li conduce in una stanza, un camerino, un sottoscala (ma anche un bar lì vicino, una bottega ancora aperta, ecc.) e lì spara la sua cifra “Quattro dollarini!” dice e il pubblico risponde in coro “Esagerata! Al massimo te ne diamo uno!” “Per uno non abbasso nemmeno la spallina del vestito! Tre dollarini!” replica lei, “Due e non se ne parla più!” rispondono i clienti e alla fine l’accordo, tra risa e schiamazzi, si trova; il pubblico paga e la donna invita al massimo silenzio, lo scherzo è finito, la prostituta è scomparsa ed è rimasta soltanto l’attrice.

Quello che segue è diverso da attore in attore, ognuno recita un monologo e l’argomento cambia ogni volta: c’è il pezzo politico, quello sul cuore infranto, quello di denuncia sociale, ecc. ma tutti hanno una forza inaudita e riescono a catturare lo spettatore che dal caos e dal divertimento di poco prima si trova adesso a guardare negli occhi uomini e donne fragili che raccontano con le lacrime agli occhi la loro triste storia.

Lo stridore tra il prima e il dopo, il contrasto tra il clima di festa di un attimo fa e l’intimità di adesso riescono a dare ancora più enfasi alla piece degli attori dotati tutti di un’innegabile bravura.

Durante la serata il cliente assiste più o meno a tre performance per poi ritornare a mezzanotte nella platea del teatro per il gran finale; tutti gli attori, i cantanti, i musicisti, i giocolieri si esibiscono per un’ora e mezza insieme al loro papi Luciano Melchionna regalando al pubblico gli ultimi momenti di poesia e di bellezza.

Il meccanismo in cui si svolgono i rapporti tra cliente e prostituti oltre ad essere divertenti e goliardici sono anche fondamentali per sensibilizzare il pubblico a non contribuire alla svendita dell’arte, a non favorire la svalutazione del lavoro degli attori, riconoscendone il valore e l’impegno.

Per l’originalità dell’idea che ne è alla base, per la ventata di innovazione che porta, per la bravura degli attori nella recitazione e di Melchionna nel muovere i fili di questo circo, Dignità autonome di prostituzione è secondo me uno spettacolo da vedere e perché no persino rivedere, scegliendo nuovi attori nuove attrici con cui godere.

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