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Il cielo non è un fondale

Per il Romaeuropa Festival, torna al teatro India il duo Deflorian-Taglierini con un testo che indaga il difficile equilibrio tra l'interno e l'esterno del nostro io.

“Qualche anno fa ho fatto un sogno, ero a Largo Argentina e pioveva, vedo Daria rovistare fra gli scatoloni, la osservo e non mi fermo. Mi pento di non essermi fermato” dice Taglierini laconico. Il viaggio comincia qui. Si alza la testa e si guarda verso il cielo, oltre le nubi chiare e quelle scure e si va oltre, perché il cielo non è soltanto un immobile testimone del vivere, un fondale messo lì per sbaglio. Bisogna squarciarlo. Esiste un confine tra interno ed esterno? Quando siamo al caldo della nostra casa pensiamo all’uomo che vive in strada? Oppure è altro da noi, volutamente lontano e diverso? Partendo dalle vicende autobiografiche, lo spettacolo indaga la realtà, cerca di scandagliare le profondità dell’animo umano, di portare in superficie le sue piccole meschinità.

2016-17 Daria Deflorian/Antonio Tagliarini Théâtre Vidy Lausanne "Il Cielo non e un Fondale" Texte et mese en scène de Daria Deflorian et Antonio Tagliarini avec: Francesco Alberici Daria Deflorian Monica Demuru et Antonio Tagliarini Lumière Gianni Staropoli Costumes Metella Raboni

“Io non  mi sento responsabile dei problemi degli altri” dice a se stesso Francesco.
E poi ancora un altro sogno, l’incidente di Taglierini, la sofferenza, gli otto mesi in ospedale, la prima volta fuori dopo tanto tempo, l’incontro notturno con l’autostoppista.
Ai sogni di Taglierini, si contrappongono le esperienze “apparentemente” più reali di Deflorian, l’incontro cercato con una donna che vive per strada nei giardinetti accanto a via dei Giubbonari; il suo tentavo di capirla.”La vergogna la perdi quando perdi tutto”  le dice la donna.

Una costruzione scenica sobria ed elegante; uno sguardo tagliente che scuote in profondità. Ad andare in scena è l’essenza stessa della vita con le sue contraddizioni. Per fare ciò il duo Deflorian-Taglierini attinge a piene mani dalla propria esperienza quotidiana, mettendosi a nudo con una grande prova attoriale, registica e drammaturgica.

E se il confine invisibile tra il “dentro” e il “fuori” fosse il termosifone; se fosse quella porta, quella fessura nascosta che permette di essere in costante collegamento tra i due mondi?Se quel calore fosse in grado di sciogliere lentamente i grumi che ci portiamo dentro? Allora davvero non resterebbe altro da fare che disseminarli per la città e restare a guardare. Aspettando in silenzio, ascoltando i rumori di fondo.

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