[rating=5] Un mondo in bianco e nero in una città futuristica, ecco quello che vediamo prima che il crescendo di musica porti sul palco i Take That, ormai rimasti in tre dopo l’abbandono del gruppo di Jason Orange.
Un preludio circense degno di un musical del West End ed un’atmosfera fiabesca animata da simpatici attori è ciò a cui si assiste prima della comparsa dei musicisti sul palco che introducono le note di “I like it”, il batterista scandisce il ritmo e i fans esultano, pochi minuti e i “Lads” ,come spesso vengono chiamati dai fans, appaiono al centro del palco principale, al loro ingresso segue un’esplosione di colori sia delle scenografie che degli abiti degli attori e ballerini.
I ragazzi sono in perfetta forma, eleganti ma non banali, indossano tre completi dai colori sgargianti: blu per Gary Barlow, rosa per Mark Owen e verde per Howard Donald. L’inizio è scoppiettante, le fans (perché sono in prevalenza ragazze anche se qualche maschietto qua e là non manca) sono in estasi e ognuna si concentra a seguire i movimenti del proprio preferito.
L’area del pit appena sotto il palco è tranquilla, i fans riescono a muoversi, ballare e seguire con solo con lo sguardo i ragazzi. Il palazzetto non è pienissimo, forse a causa della scarsa promozione dell’evento, ma ciò che si percepisce dal calore delle grida e dai cori e l’atmosfera di un sold out vero e proprio! Il palco è molto articolato: al centro il “Main Stage” dove si trova la band ed il maxi schermo che cambia tematizzazione a seconda del pezzo, da questo partono due passerelle che lo collegano al palco secondario “B-Stage”, mentre al centro un corridoio transennato dove successivamente i più fortunati riusciranno a stringere la mano ai loro idoli.
Le prime due canzoni sono scatenate: c’è chi canta, chi balla, chi guarda, ma è con “Greatest day” che i cori dei fans iniziano a fare sul serio, Gary incita a cantare come suo solito e nessuno si tira indietro. La setlist continua con “Get ready for it” la colonna sonora di “Kingsman” e qui la scenografia ricorda molto quella del videoclip di questo pezzo.
Poi arriva uno dei momenti più intensi del concerto scandito da “Hold up a light”, uno scoppiettante Mark Owen trasmette energia a tutto il pubblico che salta e canta a squarciagola, corre e saltella per le passerelle fino ad arrivare al Main Stage dove raggiunge il pianoforte di Gary su cui è posizionata una monumentale torta che ritrae i ragazzi e la macchina volante utilizzata nelle date UK del tour: si tratta della torta realizzata da Ernst Knam, il famoso “Re del Cioccolato” grazie ad un’idea di un gruppo di fans che parecchi mesi prima hanno raccolto soldi e idee per commissionare questa splendida sorpresa per i ragazzi per festeggiare la chiusura di questo lungo tour.
Al momento dell’accensione della torta dentro il forum di Assago si ha l’impressione di essere tutti invitati ad una festa!
Dopo un piccolo discorso in cui Mark sfodera nel suo migliore italiano con un caloroso “Buongiorno Principessa!” e la loro presentazione come gruppo, viene annunciata “Patience” la canzone che ha segnato il loro ritorno post anni ’90, il ritorno post Williams, dove i quattro ragazzi hanno dimostrato all’Inghilterra prima, e poi al resto del mondo, che loro non erano il solito fenomeno adolescenziale destinato a finire nel dimenticatoio, ma un vero gruppo di talento, in grado di scrivere pezzi adult-pop adatti al periodo, musicalmente orecchiabili e coinvolgenti già dal primo ascolto.
Segue un piccolo break, un telo scende dall’altro del palco come un sipario, sul quale un gioco di luci illustra una storia sulle note della struggente “The Garden” è proprio l’immagine giusta per la canzone in questione. Durante il primo refrain i ragazzi tornano sul palco con un nuovo costume di scena: giacche dorate e paiette, il palco invece si trasforma in una colorata città sottomarina degna del musical “La sirenetta”.
I colori e l’atmosfera festosa conferiscono al concerto un’aria molto “Disney”, niente volgarità e tanto intrattenimento rendono il concerto piacevole anche per i bambini o chi non conosce bene i testi delle canzoni.
Dopo tutte queste canzoni recenti è il momento tanto atteso per i più nostalgici: un tuffo negli anni ‘90 sulle note di “Could it be magic” originariamente intonata da Robbie, e qui, inutile dirlo è delirio, le fans storiche, le teenager che prima dell’avvento dei social network ritagliavano le foto dai loro beniamini da “Cioè” approfittano dello spazio per ballare insieme a loro quella storica coreografia che conoscono a memoria, l’effetto di questa canzone è sempre magico.
Fino a questo momento non si è sentita la mancanza di Jason o di Robbie, lo show è perfetto e la formazione a tre, già brevettata nelle date Uk funziona alla grande.
Pochi minuti dopo rieccoli su di un piedistallo rialzato vestiti con delle lunghe tuniche bianche, e il turno di Howard posto al centro che suona le percussioni e intona a gran voce “Affirmation”, segue una scena epica: i tre sospesi nel vuoto su un piedistallo invisibile e dietro un cielo nuvoloso e apocalittico: è la intro di “The Flood” (ma visivamente sembra la venuta dei Messia) pezzo fondamentale per la loro carriera perché rappresenta il primo singolo dopo la reunion con Robbie Williams avvenuta nel 2011
Si riprende subito con “Flaws”, bellissimo pezzo, impreziosito nella versione live, i riflettori sono su Gary Barlow che come sempre non sbaglia una nota, ma gli occhi delle fans sono divisi tra Mark & Oward che danno una dimostrazione della loro elasticità e delle loro doti artistiche di ballerini.
Dopo questo pezzo ci rituffiamo negli anni ‘90 con “Relight my fire”, “Back for good” e “Pray”, tre pezzi per cui non servono parole. La grinta è la stessa di allora e anche la coordinazione e la leggiadria di Gary Barlow, da sempre talento canoro indiscusso e poco portato per il ballo. Momento di punta con “These Days” il singolo che ha anticipato il loro ultimo album “III. Il concerto volge verso il termine, partono le note di “Rule the world”, un pezzo particolarmente amato dai fans, che viene annunciata come ultima canzone, ma ormai sappiamo che non è così. Le luci si spengono, ma è il momento del encore, e come poteva mancare “Shine”? La malinconia da fine concerto viene spazzata via dalla travolgente allegria di Mark che intona uno dei pezzi più felici degli anni 2000.
Ora però siamo davvero alla fine, il pubblico si riversa verso il Main stage sulle note di “Never Forget” scritta nel momento in cui sembrava che quella band sarebbe stata solo una fortunata stella cadente nel cielo della musica pop ma che, invece reunion dopo reunion, tour dopo tour, album dopo album è ancora sul podio delle più grandi band inglesi e che, soprattutto con il passare degli anni, riesce a racchiudere in un disco la vera essenza della musica pop contemporanea. Le luci si spengono, i ragazzi salutano e promettono di tornare presto, le fans lasciano il palazzetto in lacrime, ma non sono le stesse lacrime che versarono dopo la conferenza stampa che annunciava lo scioglimento del gruppo nel 1995, questa volta sono lacrime di gioia per una band che ci accompagna da quasi 25 anni di vita, e chissà mai che per festeggiare il loro “quarto di secolo” di carriera i ragazzi non decidano di sorprenderci di nuovo con una reunion? Noi ce lo auguriamo con tutto il cuore!
Splendida analisi di un concerto memorabile!Un ritorno alla grande dei Lads!Resta solo da aggiungere:ed io c’ero!!!
Recensione perfetta! Grandissimi i Lads..unici e sempre nel mio cuore. Concerto stratosferico…sempre i migliori. LORO, I TAKE THAT!
Stupendo! *_* Io ero presente!!
Mark ti amoooo! ❤