Home Note d'autore Il multiverso sonoro degli OoopopoiooO

Il multiverso sonoro degli OoopopoiooO

Valeria Sturba e Vincenzo Vasi protagonisti al Teatro Politeama di Poggibonsi di un concerto sperimentale per voce, theremin, violino, basso elettrico, loop station, giocattoli e oggetti improbabili

OoopopoiooO ph Sara Ferruzzi

Entrare in Sala Set del Teatro Politeama, domenica 30 novembre, è stato come oltrepassare una soglia: quella tra il rito del concerto e una dimensione più intima, quasi conviviale. L’accoglienza con un piccolo buffet ha predisposto il pubblico a un ascolto non frontale, più vicino alla condivisione che alla fruizione canonica. Una scelta che si è rivelata perfettamente coerente con l’estetica degli OoopopoiooO, duo formato da Valeria Sturba e Vincenzo Vasi, protagonisti di un concerto che ha saputo trasformare il gioco in linguaggio musicale e la sperimentazione in narrazione.

Fin dal primo brano, Il topolino va, è apparso chiaro come il cuore del progetto non risieda tanto nella bizzarria strumentale, pur abbondante, quanto nella capacità di dare forma a un mondo sonoro coerente, onirico ma mai arbitrario. Voce, theremin, violino, basso elettrico, loop station, giocattoli e oggetti improbabili non sono mai usati come semplici effetti, bensì come elementi di una grammatica personale, costruita con rigore e ironia.

Sturba e Vasi dominano il theremin, loro strumento totemico, con naturalezza virtuosistica, sfruttandone la fragilità timbrica e l’instabilità come risorsa espressiva. In brani come Qualcuno volò sul nido del cuculo, per theremin, loop e catena, lo strumento diventa voce interiore, lamento sospeso, materia psichica che si moltiplica e si deforma nello spazio.

OoopopoiooO ph Sara Ferruzzi
OoopopoiooO ph Sara Ferruzzi

La scaletta, abilmente costruita, alterna momenti di leggerezza quasi infantile (Topic, Pagliaccia) a episodi di maggiore densità emotiva e concettuale. Indigo e Mistery Jane giocano sul confine tra canzone e performance sonora, mentre Stabat Mater sorprende per la sua ambiguità: una sacralità evocata e subito incrinata, filtrata attraverso elettronica e vocalità oblique, che evita ogni retorica.

Particolarmente significativo Bar Berio, omaggio a Luciano Berio nel centenario della nascita. Il successivo brano riferimento agli Inti-Illimani non è citazionismo, ma pretesto per riflettere sulla memoria musicale come spazio fluido, dove avanguardia colta e tradizione popolare si contaminano senza gerarchie. In questo senso, OoopopoiooO sembrano raccogliere l’eredità più libera di Berio: quella dell’ascolto curioso, nomade, indisciplinato.

Gli inediti – Pagliaccia e Mistery Jane – confermano la vitalità del progetto, che continua a muoversi fuori da ogni classificazione di genere. Elettromagnetismo e libertà riassume bene l’estetica del duo: un equilibrio instabile tra controllo tecnologico e abbandono emotivo, tra struttura e caos.

Il bis, con Cile e Čeburashka (ispirato a un cartone russo-ucraino), chiude il concerto riportando l’ascoltatore in una dimensione quasi fiabesca, dove il suono diventa racconto e la performance assume i tratti di una narrazione senza parole.

Più che un concerto, quello degli OoopopoiooO è stato un attraversamento di mondi paralleli: una piccola orchestra immaginaria, costruita con mezzi minimi e fantasia massima. Un’esperienza che conferma come la sperimentazione, quando è sorretta da visione e competenza, possa essere profondamente comunicativa. E, soprattutto, sorprendentemente leggera.

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Exit mobile version
X