Ad aprire la scena è Kromow, in una valigetta sul boccascena rinviene il ventaglio che ha smarrito Valencienne sul quale è scritto “Ti amo”regalatole da Camille.
Eccola ella l’avvincente, avvenente ed abile show-girl il soprano Nadja Mchantaf, in celeste tenue una ricca vedova appunto corteggiata da tutta la banca affinché non scappi altrove con tutte le sue fortune, mettendo in crisi il regno dei Pontevetro appunto. Danilo viene presentato ad Hanna, ma i due già si conoscono egli era già innamorato di lei quando ancora era una contadina, ma anche ora la evita per non cadere nella taccia di interesse nella relazione che la banca gli ha dato in missione. Il corteggiamento spasmodico verso la vedova fanno la scena che introduce al ballo. E se Camille si apparta con un signora il gelosissimo Kromow teme sia la moglie ma in effetti è Valencienne, chiede la chiusura delle porte del palazzo di Hanna dove ha luogo la festa e quindi il ballo, ma l’abile Njegus, impiegato di cancelleria dell’armata pontevedrina riesce, nonostante il guardingo fare del consigliere, a far si che la vedova accetti di sostituirsi a Valencienne. Eccola tutta in blue royale in queste scene di cotanta voluttà.
Si Hanna ora in tailleur giallo albume dichiara di aver sostituito Valencienne per salvarne la reputazione e sull’amore ormai palese di Danilo e Hanna riappare il ventaglio. Da un lato ha iscritto “ Ti amo” e dall’altro “Io sono una donna onesta” e se la morale è salva agli occhi del barone Zeta che non ha più da dubitare, la tresca con Camille può ricominciare. E se nel testamento del banchiere, del quale Hanna è vedova, si dispone che in caso di nuove nozze l’eredità sarebbe andata persa, il matrimonio di Danilo con lei può avere giusto epilogo. La protagonista è di nuovo povera. Le finanze del regno sono salve, ma una seconda clausola del medesimo testamento garantisce al nuovo marito l’eredità. E per il convenzionale lieto fine: Hanna e Danilo possono coronare il loro amore e far si che l’applauso venga a cotanta storia e tripudio di colori in scena al Teatro dell’Opera e alla direzione orchestrale vezzosa quale è giusto che sia di Constantin Trinks e ai policromatici costumi nelle tonalità pastello di Carla Teti.