Il ponte di una nave, sartie a vista pronte a sguainare le vele e si è in contesto di battaglia contro la Francia. Gli uomini di fatica lavano e lustrano le tavole e intanto è in corso il reclutamento coatto dei marinai per potere contare su un numero di uomini adeguato a fronteggiare la missione; tra di essi spicca Billy Budd, gabbiere di parrocchetto, il bravo, prestante e abile baritono Phillip Addis, che subito conquista il favore di comandante, luogotenente e maestro di navigazione per la sua indole leggera, la sua bontà, la sua destrezza.
Inneggia ai diritti dell’uomo e a gran voce dal marinaio arruolato a forza, il tenore Redwhiskers, viene messo a capo del manipolo di manovalanza in stiva, in rivolta contro il maestro d’armi John Claggart, il valente basso John Relyea, e contro l’arruolamento forzato. Una bellissima scena dalla movimentazione acrobatica, crea un livello superiore per il ponte e uno inferiore per ciò che è in coperta. Le amache ovvero il dormitorio degli uomini di fatica che chiudono il primo atto in ribellione e nelle attività di igiene che preludono alla notte antecedente alla battaglia. Le scene difficili ma ipnotiche portano la firma di Michael Levine e la regia abile di Deborah Warner riesce a creare attenzione in un testo che finora a parte la scenografia è rimasto abbastanza statico.
Questa la chiosa: chi è involontariamente buono e non può parlare, paga con una gestualità imponderabile, l’esuberanza del gesto. Un’altra scena dal fascino ineludibile coinvolge la platea e i palchi. A più livelli, ponte, coperta e pozze d’acqua on stage creano il patibolo e il triste epilogo: l’ingiustizia che Billy amato da tutti, con difficoltà d’espressione, può agire sì, ma senza altri mezzi, se la natura è muta. E al cospetto di John Claggart morto, i pianti e la disperazione di tutti non ultimi del comandante Vere costretto all’ordine dell’esecuzione e del Luogotenente Ratcliffe, il basso David Shipley, nonché suo grande amico che ne è fatto artefice.