Che cos’hanno in comune la bellissima attrice de “Il Cigno Nero” Natalie Portman ed Amos Oz tra gli scrittori ebrei più venduti ed ammirati nel mondo? Entrambi sono nati a Gerusalemme. Entrambi vogliono portare una visione “alternativa” di quel territorio su cui c’è stato sangue e lotte. Per la Portman, è il debutto alla regia e la conferma per il pubblico di essere tra le migliori attrici del cinema contemporaneo. Dopo avere letto il libro di Amos Oz: “Una storia di amore e di tenebra”, il romanzo autobiografico dello scrittore, saggista e docente universitario, ha deciso di metterci mano per farne un film, con l’interpretazione del bravissimo Amir Tessler che è Amos Oz da piccolo. Dalla sua, la Portman, che ha avuto “carta bianca” dallo scrittore israeliano, ha potuto contare pure su un bravissimo direttore della fotografia come Slawomir Idziak, che trasforma in scene di alta definizione e pennellate di colore alcuni dei più suggestivi momenti del narrato visivo. La passeggiata con gli uccelli che volano a stormi è emozionante a dir poco! Idziak è un direttore della fotografia polacco nominato per gli Oscar® che ha lavorato su più di quaranta film stranieri. Ha cominciato a lavorare con il regista Krzysztof Kieslowski. Insieme hanno realizzato più di quattordici film, compresi La Costante (The Constant Factor) e L’Anno del Sole Quieto (The Year Of The Quiet Sun).
Una storia semplice, fatta di poche ed essenziali note biografiche ma di una tale intensità da conferire eleganza e bellezza al film. Il papà di Amos Oz, Arieh, scrittore di poca fortuna, con cui il giovane si scontrerà crescendo, tanto da cambiare il proprio cognome da Klausner ad Oz che significa “Forza”, ha il volto di Gilad Kahana. Inizialmente, una tranquilla famigliola che fa i conti con la dura trasformazione di una realtà territoriale che vuole essere riconosciuta. E’ il 1945, prima della guerra di indipendenza in Israele, quando il territorio è ancora sotto il mandato britannico. Si arriva al 1953, è avvenuto il riconoscimento dello Stato ebraico, quando Amos Oz si trasferisce nel kibbutz Hulda. A bordo del trattore, vive la natura e frequenta animi bucolici. Non mancano ad impreziosire la trama i cameo dello stesso Amos Oz, specie all’inizio, quando Arieh, Fania ed Amos camminano, lui li segue come a dire, comincia il racconto e ci sono io dietro! Un messaggio che arriva al cuore dello spettatore che si sentirà subito rapito, fin dalle prime scene.
Struggente e profonda l’interpretazione di Natalie Portman, che rende omaggio alla mamma di Oz, Fania, una donna che segnerà per sempre l’animo del bambino, ma lo formerà pure alla vita ed alla scrittura. Studentessa brillante era nata in una città polacca poi annessa all’Ucraina, trasferitasi per amore a Gerusalemme, allora sotto il protettorato britannico, in piena guerra con attacchi fedayn. Nel film si raccontano paure e sofferenze della famiglia Klausner, che viveva di poco, segnata ad un certo punto anche dalla fame e costretta a mangiare le verdure selvatiche che il piccolo Amos riusciva a raccogliere nei campi “erbe commestibili”. Le uccisioni diventano frequenti, anche la migliore amica di Fania soccombe mentre è fuori casa, i Klausner trasformano il proprio seminterrato in un rifugio per le tante persone esposte ai rischi del momento, le colonne di libri fanno da parete. Il bambino cresce in saggezza e cultura, legge, è curioso di sapere: “mamma è importante essere sinceri?” “E’ più importante essere sensibili che sinceri” dice una provata Fania che racconterà al piccolo bellissime storie aventi sempre una morale di giustizia o di consolazione, uno scopo educativo o un insegnamento. Il film rievoca il vissuto familiare dello scrittore portandolo dalle pagine alla pellicola. Attraverso gli occhi di un bambino sono portati fuori ricordi di famiglia e del nascente Stato ebraico, l’emotività familiare per la sorte della mamma Fania che, da allegra, forte e narratrice instancabile cade in una profonda depressione che si accompagnava a frequenti emicranie che la lasciavano chiusa in casa tutto il giorno e per settimane. Il marito, studioso e scrittore, le è vicino per un po’…ma finisce per prendere altre strade. A soli 12 anni il piccolo Amos perde la mamma, che deciderà di porre fine alla propria esistenza dopo pillole e disagi. La scena della Portman/Fania sotto l’acqua di Tel Aviv lascia senza fiato. L’uomo di oggi, anziano, che allunga la mano all’allora mamma, per consolarla. Era un bambino educato e chiuso, osservante delle regole ed osservatore, e forse, da adulto, ha vissuto nel dolore di non averle saputo suggerire le parole giuste per strapparla alla depressione prima ed alla morte poi, ma lei lo amava e profondamente. “Punisce se stessa per punire me” dice il papà Arieh al piccolo Amos, che l’assisteva quando lui non era in casa, quindi sempre.
Il film, distribuito da “Altre Storie” di Cesare Fragnelli in collaborazione con Giorgio e Vanessa Ferrero, è uscito l’8 giugno scorso in 80 sale italiane ed è stato proiettato a Roma anche in lingua ebraica con sottotitoli in italiano. “Sognare è vivere” è il primo film distribuito da Fragnelli, il secondo è stato “Parliamo delle mie donne” di Claude Lelouch. Ed è davvero un’ “Altra Storia” quella presentata al pubblico con la signora regia della Portman, dove biografia, parte storica e geografia si mescolano per regalare agli spettatori un gran bel film, con scene struggenti. Dopo il grande schermo al chiuso si candida ad essere ora tra i migliori film proposti nei cartelloni di cinema all’aperto. “Avrà lunga vita nelle arene!” commenta soddisfatto Fragnelli, che il 13 luglio prossimo esce al cinema con “Cane mangia cane” con Nicolas Cage e Willem Dafoe.
Natalie Portman, lo ricordiamo, ha ricevuto per il film Jackie di Pablo Larraín il Golden Globes 2017, la nomination miglior attrice in un film drammatico, nomination come miglior attrice al Premio Oscar 2017 ed il Premio Bafta 2017, nomination miglior attrice. Premio Oscar nel 2011 come miglior attrice protagonista per “Il cigno nero” di Darren Aronofsky.
Nel film con Natalie Portman anche Gilad Kahana, Amir Tessler, Makram Khoury e Shira Haas.
Il genere del film è una mescolanza dolcissima di biografico, storico e drammatico insieme. Con i bellissimi costumi di lei ed i particolari che meritano. Girato interamente a Gerusalemme, le riprese sono durate sei mesi.