
Scritto e diretto dal famoso e pluripremiato regista francese Claude Lelouch i protagonisti sono ancora una volta i sentimenti, i conflitti familiari, le persone ed il mondo di chiusure e di sofferenze ma pure di tenerezza e di affetti da recuperare. Il tema principale è la famiglia. L’ultima volta che Lelouch ha trattato questo tema è stato in occasione di “Una Vita non basta” (Itinéraire d’un Enfant Gâté, 1988). A differenza, però, di quel film, in cui i personaggi decidevano di fuggire dalle loro famiglie, in questo lavoro il protagonista sogna invece di riconciliarsi con i suoi affetti più stretti. L’universo “lelouchiano” mostra i temi dell’amore e dell’amicizia colti nei rapporti umani che si sfilacciano come maglie per poi voltarsi indietro e tentare di rimetterli insieme. Un “gioiellino” da ammirare nelle sale per ritrovarsi e perdersi tra i panorami bellissimi delle alpi francesi ed una storia intensa ma … dal finale poco “dolce”.
E, se i sentimenti contano eccome per Lelouch, anche le musiche giocano un ruolo decisivo, a volte come un “commento” al film medesimo. Qui, troviamo una bellissima canzone, quella del compianto Georges Moustaki e la sua “Les eaux de mars”, un motivo musicale che avrete ascoltato chissà quante volte senza sapere che fosse di Moustaki, un omaggio brillante da parte del regista che scava nel passato per renderlo noto al futuro. Dalla tonalità lieve, scorrevole e nostalgica insieme ben accompagnandosi la canzone all’intera storia.
Di cosa si parla? Semplice e complicata insieme la trama. Un film rilassante, almeno fino al finale…Jacques Kaminsky ha gli occhi glaciali del rocker francese Johnny Hallyday, fotografo di guerra di fama internazionale ma… padre assente, che ha trascorso più tempo a prendersi cura delle sue fotocamere che delle sue quattro figlie, avute ciascuna da una donna diversa: Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Le quattro stagioni della vita di ogni persona, già, perché il tempo qui non perdona gli errori commessi. Kaminsky cerca di recuperare quello perduto con le proprie figlie ed allora ha l’idea di acquistare una baita tra le Alpi, dove ritrovarsi con loro ed a loro donarla per i momenti di fuga dalle città dove vivono. Dalla movimentata vita di Parigi Hallyday- Kaminsky arriva a Praz-sur-Arly, un paesino ai piedi del Monte Bianco. Una svolta nella vita dell’uomo, che dopo anni di reportage, servizi, mostre e donne fatte piangere… vuole regolare i conti con il tempo, quasi a volerlo fermare.
Con l’ultima moglie visita la casa che gli viene mostrata da una sensuale Sandrine Bonnaire, qui un agente immobiliare di nome Nathalie Béranger, vedova da due anni e con due figli, una interpretazione quasi naturale, dolce ma non ingenua, forte ed ironica insieme. Il fotografo compie subito due scelte in una, compra la casa, lascia Parigi, e pure la moglie che disapprova la vita di montagna ed al contempo sceglie in Nathalie la sua nuova compagna. Tra i due nasce una intesa formidabile e l’ultimo tassello di questa ritrovata armonia sarà di rivedere le figlie, le cui madri le hanno messe contro tra loro e verso di lui. Pregiudizi, lotte ed avversità saranno superate da una “bugia” dell’amico medico Fréderic Selman (Eddy Mitchell), che chiama ognuna raccontando che il papà sta per morire…una molla che farà scattare i cuori delle donne che si ritroveranno sulle alte vette per brindare, ridere, raccontarsi e…scoprire altre “verità” nascoste. Nel cast troviamo anche Isabelle de Hertogh, già vista in questa stagione nel film “150 milligrammi” .
Della durata di 109 minuti un plauso merita il film per la fotografia dei paesaggi, il montaggio ed infine la direzione stessa di Claude Lelouch. Un girato estremamente raffinato, scarno e semplice insieme, sebbene il cineasta abbia impiegato due anni a lavorarci sulla sceneggiatura su cui ha apportato fino all’ultimo numerosi cambiamenti. Ad esempio il film prevedeva che le figlie arrivassero alle mani per l’ennesimo litigio tra di loro, per poi ritrovarsi invece a ridere nude sotto le acque di una cascata vicino la baita, quasi il battesimo di una nuova vita tra loro.
Il film è ambientato a Parigi, a Beaune nel dipartimento della Côte-d’Or, in Borgogna, a Megève, Saint-Gervais-les-Bains, Combloux e Saint-Nicolas-la-Chapelle, piccoli paesi montani nel dipartimento dell’Alta Savoia della regione del Rodano-Alpi. La produzione ha girato alcune scene anche a Praz-sur-Arly, un autentico villaggio di montagna ai piedi del Monte Bianco, nella sezione alpina francese.
Nato a Parigi il 30 ottobre 1937 il regista, sceneggiatore e produttore francese ha all’attivo più di cinquanta film, molti dei quali distribuiti dalla sua casa di produzione, Les Films 13. Il suo debutto sul grande schermo avviene negli anni ’60 mentre il successo internazionale arriva nel 1966 con “Un uomo, una donna”, con il quale si aggiudica due premi Oscar e la Palma d’oro al Festival di Cannes. Nel 1967 “Vivere per Vivere” viene nominato agli Oscar nella categoria come Miglior Film in lingua straniera e nel 1971 vinse il David di Donatello per la direzione de “La Canaglia”. La vasta produzione degli anni successivi lo porta a vincere un Golden Globe e un Efebo d’Oro nel 1996 per il film “I miserabili”.
“Parliamo delle mie donne” è prodotto da Les Film 13 insieme a Rhone-Alpes Cinéma e con la partecipazione di Canal + della regione Rhone-Alpes e del Centre National du Cinéma.
Dal 22 giugno 2017 al cinema. Genere: Commedia, drammatico, sentimentale.
Regia Claude Lelouch. Cast: Johnny Hallyday, Sandrine Bonnaire, Eddy Mitchell, Irène Jacob, Pauline Lefèvre, Sarah Kazemy, Jenna Thiam, Agnès Soral, Valérie Kaprisky, Isabelle de Hertogh, Rufus, Antoine Duléry. Nel film anche la figlia Stella di Lelouch, avuta dall’ex moglie, la ballerina italiana Alessandra Martinez.