A quasi cinquant’anni di distanza dalla creazione del gioco di ruolo più famoso di sempre e a più di vent’anni dalla prima, dimenticabilissima trasposizione cinematografica, Dungeons & Dragons torna sul grande schermo in una versione che ha imparato la lezione dai più recenti successi tratti da giochi e videogiochi (ogni riferimento ad Arcane non è puramente casuale).
Dungeons & Dragons: l’onore dei ladri è infatti un film di intrattenimento, nel senso letterale e positivo del termine, che soddisferà sia l’amante degli Easter egg che il neofita del mondo fantasy creato da Gary Gygax e Dave Arneson.
Tale risultato è raggiunto grazie ad una sceneggiatura “furba”, che attinge da personaggi e ambientazioni di D&D, senza però renderli fondamentali per la comprensione del film da parte del grande pubblico generalista.

Con talee escamotage, i registi John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein riescono ad impostare, in un film di poco più di 2 ore (134 minuti per l’esattezza), un world building sufficientemente convincente, farcendolo di personaggi interessanti, dialoghi frizzanti e qualche combattimento ben orchestrato, senza appesantire eccessivamente la narrazione.
La storia vede come protagonista Eldgin (uno scanzonato Chris Pine) e i suo compagni di (dis)avventura: la guerriera dalle mazzate facili Holga (Michelle Rodriguez), il mago da festa di compleanno Simon (Justice Smith) e la druido mutaforme Doric (Sophia Lillis). Un gruppo quanto mai eterogeneo (e sgangherato) che nel corso del film cementerà il proprio rapporto per fare fronte comune contro un loro ex alleato, nonchè truffatore di professione, Forge Fletcher (un piacionissimo Hugh Grant). Ma prima dello scontro finale contro il nemico che si cela nell’ombra, la strada sarà irta di difficoltà e di imprese da compiere.
Come si può notare dalla trama, l’altro punto di forza del film è il cast, tanto che in alcuni momenti sembra quasi di assistere ad una versione low cost dei Guardiani della Galassia di James Gunn, soprattutto per alcuni scambi di battute e situazioni che strapperanno un sorriso anche allo spettatore più prevenuto nei confronti di questa nuovo tentativo di rilancio del franchise targato Dungeons & Dragons.
Ultima menzione d’onore va alcune scene (ma solo ad alcune!) in CGI, come quella che vede protagonista un certo drago sovrappeso, capace però di “infiammare” gli animi.
Note dolenti, l’eccessiva leggerezza del world building che piazza razze qua e là senza presentarle, rinviando gli approfondimenti ad eventuali capitoli successivi, se mai il box office sorriderà al gruppo capitanato da Chris Pine.
Non particolarmente memorabile nemmeno la colonna sonora, su cui sarebbe stato il caso di investire qualche dollaro in più, attingendo alla fortunata esperienza di The Witcher: anche in questo caso c’è da augurarsi che se la saga dovesse proseguire, rimedierà a questa imperdonabile mancanza.
Per il resto, a nostro avviso, buona la seconda (versione cinematografica).