… mi ha raccontato la Fantastica che il suo Padrone a questo punto sembrò crollare, l’Energia Negativa lo aveva comunque invaso, anche se per abbandonarlo immediatamente. Le disse: -Guida tu che io mi sono raschiato la gola e ho l’influenza- Starnutì. -Ecco… appundo… ETCIU’!! Baledizione!- E lei obbedì. Un po’ di curve ancora, le miriadi di mondi che si attraversavano, la dolce campagna che si faceva bella per il giorno. Il Montalbano si stirò la schiena…
… L’energia negativa lo aveva comunque invaso …

-Non bi sendo bede… Ferbiaboci alla Biazza
-Smetti di Parlare come un Mandingo? – disse la Fantastica divertita, con la voce in modalità “da dentro l’abitacolo”
-Oh! Di zei svegliada ala fine? Buongiordo! Do è miga golba mia se barlo gosì! Etchiù !!…E ferbati!
-Forse sarebbe il caso di attivare il mio sistema di riscaldamento antivirale – esordì inatteso ed eccitato d’essere d’aiuto un pulsante a destra sotto lo sterzo, adibito appunto, a suo dire, al riscaldamento antivirale
-Bi pare troppo tardi per broborsi!
-O troppo presto!- ribattè un risentito lui- mi terrò pronto per il ritorno.
-Ecco bravo!- lo sfottè la Fantastica o meglio si sfottè da sola, che sempre una parte di lei era quel pulsante autonomo che immediatamente si zittì offeso.
–Te prendi questa-disse lei- non vorrai mica continuare a stare così?
Si aprì dal soffitto una botola ed una boccetta scura mi piombò letteralmente addosso. E mi avrebbe colpito in pieno capo se non l’avessi bloccata prontamente con una mano e l’avambraccio opposto.
-Ammazzabi eh!
-Ti toglierò il raffreddore… in un modo o nell’altro!- rise lei
-Spiegami l’altro modo. Ghe roba è?
-Bevilo e basta. Sentirai, é roba dell’altro mondo!
-Cos’è?
-Te bevilo.
-Che intruglio hai messo su stavolta? Guarda che non voglio nessun sangue di bestia o bava di robaccia sotterranea!
-Puoi stare tranquillo, niente di tutto ciò. Bevi bevi che non eri credibile.
Non ero? Roba dell’altro mondo? Che fosse dell’altro mondo c’era da scommetterci e chissà quale altro assurdo mondo era. Di solito le pozioni della Fantastica non fallivano ma l’idea di ingoiare erbe spaziali o creature oltramondane NON riuscivo ad accettarla. Il mio apparato gestisci-vivande ed il mio cervello NON lo accettavano. NON sapere gli ingredienti: la scelta migliore. Meglio un colpevole inganno ad una scomoda e disgustosa verità. La Fantastica stava risalendo la Via di Santa Lucia,oltrepassando la Piazza, in totale contrasto con quanto le avevo chiesto, tra gli ulivi scheletriti dal freddo che contorcevano all’aria grigia le membra lucide e scure. Mi impegnai ad aprire la bottiglietta. Tremava. Mi tremava tra le mani. Detti subito la colpa alla strada ma realizzai che il tremore era troppo, che era proprio lei a tremare, la bottiglia. Ed aumentava, aumentava impazientemente. Più tentavo di stringerla, provavo a tenerla ferma, più si agitava.
-Maledetta boccetta! Che c’è dentro? Un demonio Croato? Un genio della lampada stupido? Non sta ferma!- urlai all’auto che non mi considerò.
– Ora ti apro IO- minacciai.
La bottiglina, che da vicino aveva un color vinaccia acceso, mi roteava tra le mani che tenevo a coppa, in assenza di migliori strategie. Spingeva per uscirne come un animale in trappola. Mi ci buttai sopra contorcendomi sul sedile della Fantastica ed ero simile ad uno in preda ad un furente attacco di coliche renali, urla ed imprecazioni comprese nello spettacolo. Con la mano destra afferrai saldamente l’indiavolata che mi voleva spezzare il polso ed andava a destra ed a sinistra repentinamente, con violenza quasi disperata. Io, ginocchia sul tappetino, pancia appoggiata al sedile e mano tesa e strisciante sullo schienale mi drizzavo verso l’alto, verso il poggiatesta, assecondando quella che sentivo essere la sua direzione, la sua meta desiderata. Con una sicurezza che neanche mi sarei sognato di intraprendere un secondo prima, afferrai fulmineamente con l’altra mano la vetta dell’involucro e ne feci scattare la chiusura premendo contro il sedile e stringendo forte con la destra, così forte che la bottiglia sparì al primo giro di tappo. Puff! Non c’era più. Volatilizzata. Dopo i primi secondi di stupore mi accorsi di stare molto, molto bene.
-E mi sa che parlo anche correttamente non è vero?- dissi ad alta voce per terminare il ragionamento che già la vettura ero sicuro conoscesse- Non c’era niente da bere là dentro no?-
-Bravo! Funziona per vibrazione. Sono schegge di minerali ipercollerici incompatibili… davvero curativi… e comunque ti ha fatto effetto da subito, dal momento che ho aperto la botola, se non te ne fossi accorto. Ma per essere davvero risolutivo dovevi aprirla e non avevo dubbi che ci saresti riuscito. Come ti senti?
-Bene Fantastica. Grazie. Ipercollerici curativi….
-Il Sistema rileva una temperatura di circa 5 gradi all’esterno, con possibilità di formazioni di ghiaccio lungo il sentiero sottobosco e maggior percezione del freddo data la ventilazione da Nord- disse il calcolatore che si occupava del guardaroba con un fare un po’ svogliato -gradisce l’abbigliamento termico sul retro della vettura oppure sul sedile passeggero?- il suo atteggiamento mi fece venire voglia di chiedere che mi fosse consegnato il vestire dalla parte degli sportelli mediani destri. Così, per dispetto.
-Solo gli scarponi ed il giubbotto, per il resto quello che ho addosso è più che sufficiente, grazie-
-Come desidera -rispose sorpreso- anche se credo non sia la posizione più comoda per poter…-
-Fai come ti dice il Padrone, vagabondo!- lo interruppe la Fantastica
-Signora, stavo solo suggerendo al Padrone che…-
-Lo so cosa suggerivi-
Sorridevo. Il fatto che mi chiamasse Padrone mi faceva sorridere e soprattutto che stesse sgridando una parte di sè, perché erano tutte parti di lei quelle parti apparentemente slegate da lei. Guardai fuori, pensai che dalle Correnti la Fantastica era vista come un catorcio ed aprii lo sportello. Entrò con una gomitata colpendomi al viso il freddo. Appariva qualche strappo di sole. Presi gli scarponi ed il giubbotto. Intorno avevo le casette di Santa Lucia che col suo accerchiamento tipicamente Toscano di pietra, intonaco grezzo, tegole rosse sui tetti madidi e piante in personale dimostrazione di stile invernale mi divideva dalla vista delle colline intorno.
Tutte sfaccettature, pensavo. Sfaccettature del poliedro infinito mutevole che è La Creazione. La Fantastica: Meravigliosa creatura del Multiverso! Parlava con le voci di dentro. E Io? Non parlavo anche io con le voci? Non avevo spesso dato ragione a quelle adulatrici, simpatiche e tanto veritiere o tentato ancora più spesso di soffocare quelle antipatiche, scomode o troppo veritiere? E voi? Voi dentro alle casette, che fate se le vostre voci diventano insistenti? Arrivate ad evitare le occasioni che ve le ricordano? A frequentare solo chi non le risveglia, chi vi lusinga, a guardare con sospetto intorno? O siete così convinti che siano portatrici di Realtà che disprezzate chi la pensa diversamente. La diversità fa nascere incertezze, ha bisogno di argomenti meditati da sostenere, fa scricchiolare stanze intere abitate da sicurezze pigre. Ci assomigliamo più di quanto credessi possibile, umani. Certo che con le categorie del Vero, o fac-simili, meglio darsi tempo, trovare pozioni psichiche. Visto cosa combinano i convinti di ogni specie, che popolano la cronaca nera, chessò…! Meglio pensarci poi, potrebbe apparire non così terribile, più avanti. Semplicemente falso magari. Uno scherzo dell’umore. Pensarci mai? Andare al Creatore, prima di risolvere il problema. Eppure saremmo vissuti lo stesso no? E’ Natura. Succede Continuamente. Da miliardi di anni almeno. Non risolviamo il problema. Non interessa al Multiverso che risolviamo il Problema. Un fatto personale nostro. Anche voi avete in ogni dove del vostro corpo e fuori dal corpo, in contemporanea e febbrile fibrillazione, innumerevoli eserciti contrapposti che si combattono, si uniscono, si studiano, si evolvono, vi sostengono. O vi condannano a morte. Per quale motivo tutta questa complessità si muove e si contorce in miliardi di invenzioni pur di sopravvivere?
E va. Comunque. Per la sua strada.
La Fantastica è una creatura pienamente a suo agio nella complessità. Centomila pulsanti pettegoli pronti a mettersi in mostra per poi sparire delusi o uscire di scena eccitati, fino alla prossima occasione. Un solo corpo comune che muove da una sola forma, una forma di comodo, più che altro comodo mio, dato che così la utilizzo, che così mi serve. Nessuna forma assumerebbe lei che quasi tutte le forme potrebbe prendere e forse, se non mi volesse bene in modo così cieco, sarebbe semplicemente come il Multiverso stesso, in divenire continuo. O in disfacimento, come preferite.
Annusai l’aria dopo aver allacciato gli scarponi. Odore di legna bruciata, dai caminetti, cominciai a camminare. Il pantalone di velluto nero mi teneva caldo, gli scarponi noce scuro ben lucidi il Barbour col cappuccio.
C’è odore di cambiamento ragazzi. Pensavo a Kassa e Sartre.
-Vado- dissi
-Arrivo- disse lei
-Va bene-
Mi avviai lungo il sentiero che spalancava sulle colline del Montalabano congelate , come sospese nella foschia gelida, caravelle semicoscienti male ormeggiate nella vallata.
Sopra di me sentii lo stridere del falco. In picchiata silurò verso terra, sparì dietro le Acacie per poi riapparire poco più a sinistra. La Fantastica adorava trasformarsi in volatile, specie se da preda, ed io ora la invidiavo profondamente. Il sentiero scendeva senza complimenti. Istintivamente toccai il cinturone largo, di pelle, che mi scendeva allargandosi sul fianco della coscia destra per restringersi ancora lungo il lato del femore e finire legato poco sopra il ginocchio. Uno piccolo, uno medio ed uno grande. I pugnali stavano tutti al loro posto. Tirai su la cerniera del Barbour verde senza indossarne il cappuccio, il pantalone di velluto nero infilato negli scarponi color noce scuro lucidi. La bisaccia ben stretta e serrata.
Annusai ancora, alzando lo sguardo verso Fantastica che volteggiava. Strinsi le scapole e raddrizzai la schiena per respirare a fondo ed accendermi il corpo, dal petto alla testa, dalla testa alle braccia, le mani, l’addome, il pube e le cosce e le ginocchia fino ai piedi, comodi negli scarponi dai lacci rossi.
Mi fermai, allargai le braccia all’altezza delle spalle, ben tese, afferrai il coltello grande. Cominciai a correre.
Il respiro, il ritmo del respiro. Prima di tutto, comanda tutto, datti il ritmo giusto, il ritmo giusto, un’energia crescente. Entra ed esce. Con le gambe seguivo i capricci del terreno osservandolo prima di poggiare i piedi e seguendo l’istinto che si nutre di respiro, che divorava respiro, voleva ossigeno e ritmo. Inspira ed espira, governa il tuo respiro, il cuore sarà il tuo servo. La mente avvampava nel registrare i segnali intorno a me. Alla Caccia Cacciatore.
Alla Caccia Cacciatore
Quando il sentiero si appianò il Bosco davanti a me come un ondata immane si unì e gonfiò per rovinarmi addosso. Accelerai. Correvo forte. Più forte, corri più forte.
Controlla il respiro, annusa il cambiamento, ti guardano, gli occhi ti guardano, corri.
Si affiancò il falco mio servo, in volo, un proiettile che lanciando un suono enorme, cristallino e limpido fece oscillare la realtà. Un foglio in acqua, zuppo e che scorre via era adesso questa dimensione. Ed io attraversandola correvo. Suonò i tamburi del Vento il Bosco, voleva riconoscermi, voleva che mi mostrassi ed io gridando, correndo, correndo e correndo lo penetrai più forte che potei, con un salto, sentendolo avvolgermi e strapparmisi di dosso allo stesso tempo. Ero Dentro. Per un attimo mi sentii fradicio dalla testa ai piedi, poi solo il suono del mio respiro affannato e le nebbie basse che si ritiravano velocemente mentre mi avvicinavo come vampiri in ritirata al sole che avanza. Presi a destra lungo il fosso e mi trovai velocemente di fronte al guado dove l’acqua rombava sotto di me come una cascata tropicale in piena mentre con un salto la oltrepassavo per giungere sull’altra riva. Ero stato punto, piegando le ginocchia atterrai, sbilanciandomi, caddi a terra. Qualcosa, qualcosa mi aveva punto, sentivo bruciare un tizzone sulla spalla sinistra.
Ed il bosco su di me accese fanali indiscreti
ed il falco roteava in strisce di sangue
Il brusio dell’erba ciarlava cinguettii di bile:
veleno, veleno del Poeta.
Continua…