[rating=4] Piove incessantemente, uno sparo. Un uomo corre nel bosco, fermato da alcuni poliziotti in evidente stato confusionale e privo di documenti, viene portato alla vicina stazione di polizia. La caserma è una stanza squallida, alle pareti file di libri e faldoni consunti dal tempo, muri pieni di graffiti fatti da chissà chi; qualche seggiola, una vecchia scrivania con una macchina da scrivere e un orologio senza lancette. L’uomo si ribella, urla, scalcia. Non possono trattenerlo lì, perché lui non ha fatto nulla. Sembra calmarsi soltanto all’arrivo del commissario, che dice di volergli fare qualche domanda, soltanto per una pura formalità. L’uomo trattenuto è Onoff, il famoso scrittore, amato dallo stesso comissario, egli dichiara di essere da alcuni giorni nella sua casa e di non ricordare nulla delle ultime ore.
Si contraddice spesso e costringe il commissario a incalzarlo, senza lasciargli tregua. Poche ore fa è stato commesso un delitto non lontano dalla casa di Onoff stesso, il volto della vittima è sfigurato e non si riesce a stabilirne l’identità. L’interrogatorio continua, il commissario alterna a momenti di apparente comprensione, tentativi di far confessare ad Onoff l’ agghiacciante verità. Ma sarà soltanto l’alba a svelarla e a riportare finalmente la quiete.
Il tema è quello del ricordo e della capacità di rimozione umana, quando quest’ultimo è troppo doloroso da sopportare, infatti “per non morire di angoscia o di vergogna, gli uomini sono eternamente condannati a dimenticare le cose sgradevoli della loro vita, e più sono sgradevoli, prima s’apprestano a dimenticarle.” dirà il commissario citando un passo dello scrittore stesso.
Liberamente tratto dal film di Tornatore del 1994, Glauco Mauri ne fa un adattamento teatrale snello e intrigante, lasciando intatta la natura dell’opera. A ciò unisce una regia scabra ed essenziale che dirige senza sbavature i bravi attori. Come sempre efficace la coppia Mauri-commissario e Sturno– indagato, quest’ultimo impeccabile e commovente.
E così si viene trasportati in un luogo desolato fuori dal tempo e dallo spazio, privo di punti di riferimento, ci si trova smarriti come Onoff stesso. Il rumore continuo della pioggia e il semibuio dell’ambiente contribuiscono ad accrescere questo sentimento di crescente angoscia.
E se fosse possibile? Eppure no, non può essere. Ma in fondo sì “due rette parallele non si incontrano mai. Tuttavia, è possibile immaginare l’esistenza di un punto così lontano nello spazio, ma così lontano nell’infinito, da poter credere e ammettere che le due rette vi si incontrino. Ecco! Chiameremo quel punto, punto improprio. “