È cominciata lo scorso 8 giugno l’edizione del 2018 del Napoli Teatro Festival, guidata anche quest’anno dal regista e attore Ruggero Cappuccio. La rassegna, che dura all’incirca un mese, ospita artisti da tutto il mondo rendendo la città partenopea per trenta giorni un grande teatro a cielo, con eventi, spettacoli e mostre che coinvolgono sia i classici teatri della città, sia luoghi insospettabili.
Uno di questi è il bellissimo Palazzo Fondi, riaperto al pubblico da pochi mesi e scelto come location di Un attimo prima, diretto da Gabriella Salvaterra, membro del Teatro de los Sentidos (Teatro dei Sensi, ndr) con la collaborazione di Nelson Jara.
Per la terza volta scelgo di assistere all’opera di un’artista formatosi presso la compagnia, nata in Spagna anni fa, che ha rivoluzionato il modo di fare (ma soprattutto di assistere al) teatro, non a caso il pubblico sensoriale non viene definito spettatore ma viaggiatore, perchè quello che si inizia nel momento in cui si apre la porta è un viaggio appunto, e chi lo intraprende sa che – nonostante la breve durata – ne uscirà cambiato.
Una premessa che sento di dover fare prima di parlarvi di Un attimo prima è che il teatro di tipo sensoriale non è di facile e immediato approccio, il viaggiatore bendato, spaesato e condotto per luoghi che non conosce difficilmente si lascerà andare a subito apprezzando quello che sta vivendo e vi capiterà, se parlerete con qualcuno che assiste a questo tipo di spettacoli per la prima volta, di sentirvi dire che in fondo non era niente di che, sappiate che in quel momento sta parlando la sua parte razionale, quella che non ha voluto cedere all’incanto che gli attori riescono a creare.
Un attimo prima è uno spettacolo struggente e doloroso che, come afferma la stessa Salvaterra, ruota intorno ai concetti di rottura e riparazione. «Le rotture simboliche, materiali, pratiche, fisiche, emotive che ci segnano con cicatrici più o meno visibili, che raccontano la nostra storia. Le riparazioni possibili, quelle impossibili, quelle maldestre, quelle che “quasi non si vede più niente”; e i pezzi che ancora dobbiamo cercare di rimettere insieme».
“Qui è quando tutto andava bene“, ci dice una voce mostrandoci foto d’epoche passate che ritraggono persone felici e spensierate. Quelle parole vi accompagneranno per tutto il viaggio, 50 minuti in cui nella vostra testa riaffioreranno i ricordi di tempi lontani e felici, delle gite in famiglia, delle coca cole con i compagni di classi, del primo tenero amore.
Un attimo prima della rottura, l’istante prima che tutto andasse in pezzi; come il piatto che l’attrice seduta a una tavola imbandita a cui ci fa accomodare ci mostra. Le crepe, tante e ramificate, partono da un punto: «Lo vedete? Qui dove tutto comincia, è quando mia madre si è ammalata» ci dice lei, ma nel frattempo noi siamo lì che accarezziamo quelle fratture di porcellane come se stessimo accarezzando la nostra anima, come se stessimo sentendo i bordi delle ferite.
Da qui il viaggio diventa buio, si viene bendati e non si vede più nulla. A farla da padroni da questo momento sono i sensi: l’olfatto stimolato da profumi freschi o pungenti, l’udito che si acuisce per cogliere i sussurri, il tatto che si perde su vesti di seta che coprono corpi caldi e rassicuranti.
A differenza degli spettacoli sensoriali a cui ho assistito finora, Un attimo prima è un viaggio corale, siamo in dodici, ed è strano ma bello fermarsi ogni tanto a sbirciare le reazioni degli altri, scorgere le loro smorfie, carpire un’emozione nei loro occhi e intenso è anche assistere a cosa succede quando si esce dalla porta e ci si lascia alle spalle quello spettacolo/sogno.
Nessuno parla, qualcuno si guarda i piedi assorto, una signora piange a grandi singhiozzi.
Un attimo prima in particolare e il filone nato dal Teatro de los sentidos in generale operano in un maniera inusuale e antiteatrale restituendo al teatro la sua funzione originale di catarsi, sottratto della vista e dalla vista lo spettatore/viaggiatore può lasciarsi andare a un momento di pura intimità lontano dalle barriere umane e sociali a cui è abituato.
A rendere il tutto ancora più suggestivo e riuscito i costumi e la bellissima scenografia in cui nulla sembra lasciato a caso e si respira l’aria rarefatta di un ricordo dell’infanzia.
Un attimo prima è uno spettacolo difficile, come dicevo all’inizio, che se approcciato con la giusta apertura e il giusto coraggio può regalare emozioni grandissime. Provare per credere.