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Torna in scena Stefano Massini grande affabulatore di Storie

Stefano Massini, il più grande drammaturgo del mondo, torna in scena con Storie in compagnia di Paolo Jannacci e Daniele Moretto

Stefano Massini fresco dei Tony Awards per The Lehman Trilogy che lo hanno consacrato come il più grande autore teatrale al mondo, torna in scena con Storie affiancato da Paolo Jannacci al pianoforte e Daniele Moretto alla tromba e flicorno. Lo spettacolo, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano e rappresentato per la prima volta nel 2020, mette in luce tutto il talento affabulatorio del nostro pluripremiato drammaturgo fiorentino. Storie è un catalogo di aneddoti personali mescolati a quelli di illustri personaggi che spaziano da Dante a Freud, passando per Eduardo De Filippo, i cantautori degli anni Novanta, film, canzoni, per ricordarci ancora una volta il potere della parola. Le storie come ancora di salvataggio, come arma per ingannare la solitudine, storie per dare significato alla vita.

«Che cosa c’è prima di un testo? – dice Massini –. Semplicemente: la scintilla di una storia, l’innamoramento per la sua forza, per gli echi che contiene, e dunque la volontà di raccontarla. Solo che le storie si nascondono ovunque. Scopri allora che all’alba del Terzo Millennio uno scrittore è innanzitutto questo: un rabdomante, un cercatore d’oro del Klondike alla ricerca di vene sepolte, nascoste, sedimentate».

Sommersi da un’immane quantità di storie a getto continuo dalle piattaforme on demand ai social, sembriamo come anestetizzati, tutto è già stato detto, raccontato, niente è più in grado di sorprenderci. «Quanto doveva essere bello per i ragazzi del Decameron iniziare una storia e non sentirsi interrompere da un “Ah! Questa l’ho già sentita!”?». Adesso è tutto serializzato, prevedibile, infarcito di luoghi comuni e in un monologo sorprendente, che sembra una filastrocca, Massini rigurgita spezzoni di dialoghi rubati a tutti noi in un campionario di frasi fatte in cui sembriamo galleggiare nostro malgrado. Eppure il narratore conserva quella curiosità, quel fiuto per tutto quello che non è stato ancora detto, svelato. È vero, siamo saturi di storie, ma cosa accadrebbe se sterzassimo di poco in un’altra direzione per cambiare prospettiva? Ecco Massimo D’Azeglio bambino che racconta un inedito Vittorio Alfieri che si presenta tutto arruffato al cospetto della sua famiglia per leggere l’estenuante testo della sua ultima tragedia per averne un parere. E di Casanova cosa sappiamo? Sì, è il grande seduttore per eccellenza, ma se provassimo ad ascoltare la lugubre notte in cui la nonna Marzia lo condusse bambino da una strega per guarire dall’epistassi? In questi intensi passaggi Massini ricorda un po’ le “Vite degli Uomini illustri” di Achille Campanile, maestro nel ritrarre grandi personaggi per intaccare l’ovvietà di storie già sentite centinaia di volte.

Le storie sono sempre un gioco a due. Mentre racconti la tua storia, l’interlocutore si racconta un’altra storia aggiungendo qualcosa di personale. E spesso il rischio è quello di fraintendere: c’è il compagno Stringa che in un film sui pellerossa ci vede l’allegoria della riscossa dei comunisti, Ĉechov, che aveva concepito Il giardino dei ciliegi come una commedia, rimase stupito nell’assistere alla trasposizione di Stanislavski in forma di tragedia. Esilarante l’aneddoto personale in cui una volta gli fu commissionato di creare una traccia sonora per una video installazione per un omaggio a Shakespeare. Massini si rivolse ad un grande attore per registrare il potente monologo del Re Lear. Peccato che nel riascoltare la traccia il fonico si rese conto che la voce dell’attore era sullo sfondo mentre la traccia preponderante era quella di versi di animali esotici (l’attore viveva accanto ad uno zoo!). Troppo tardi per riparare il danno, ma il risultato fu un successo: un grande critico lesse in quei versi degli animali la metafora dello stato di salute dell’umanità. Spassoso l’elenco dei Santi che si sono ritrovati protettori di una certa categoria, che nell’epoca in cui hanno vissuto magari ignoravano del tutto, perché in vita avevano dato prova di talenti in alcuni campi. È il caso di San Giuseppe da Copertino, divenuto santo protettore degli astronauti perché in vita si era distinto per episodi di levitazioni, anche se tutta l’esistenza l’aveva spesa nel prodigarsi verso i più umili.

Forse il messaggio di Massini è che, in questo groviglio di storie in cui siamo immersi, più che di racconti abbiamo bisogno di cantastorie, quelle figure che in una comunità avevano il compito di fare da collante sociale, tramandare le tradizioni, dare senso alla propria vita, a quella degli altri, per difenderci dall’erosione della Storia. “Parlare come parla il cantastorie significa appartenere alla stirpe che un tempo vagava per le foreste portando e riportandosi indietro i racconti, le fandonie, le invenzioni, i pettegolezzi, le facezie che di tanti individui sparsi fanno una comunità, tenendo vivo fra la gente il senso dell’unità… creando fraternità e forza” per citare un altro grande che di storie se ne intende, Mario Vargas Llosa.

Reduce dal grande successo di pubblico al Teatro Stabile di Torino Massini nei prossimi giorni sarà a Merano l’11 novembre e a Bressanone il 12 novembre. Continuerà la tournée nel 2023 a Genova a marzo e a Milano a maggio.

 

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