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Teatro e domesticità. Il teatro nelle case: a tu per tu con Cuocolo/Bosetti

Al Centro culturale Il Funaro di Pistoia, a febbraio “prendono casa”, con una residenza artistica volta alla realizzazione di un primo studio, il duo Cuocolo/Bosetti. Nel mese al Funaro la compagnia italo australiana Iraa Theatre di Cuocolo/Bosetti, vincitori di numerosi premi internazionali e ospiti in 26 paesi del mondo presenta tre spettacoli, fra cui l’anteprima di MM&M Movies, Monstruosities and Masks, esito della residenza artistica nel Centro Culturale pistoiese, e un laboratorio legato al teatro e alla sua domesticità.

Proprio in merito a questo importante momento formativo che si svolgerà a Il Funaro, e al quale è ancora possibile iscriversi, abbiamo fatto qualche domanda di approfondimento a Cuocolo/Bosetti, per avvicinarsi alla porta di “casa” del loro teatro.

Sabato 21 e domenica 22 febbraio il Funaro di Pistoia ospiterà il vostro laboratorio “Teatro e domesticità. Il teatro nelle case”. Come sarà articolato il laboratorio? Quanto di teorico e quanto di pratico prevedranno le due giornate?

E’ dall’inizio del 2000 che abbiamo sviluppato una forma originale di teatro che negli anni è diventata una pratica diffusa. Il teatro in spazi non teatrali case, hotel, macchine, etc. Col workshop cercheremo di fare il punto su come questa ricerca si sia sviluppata e su come sia possibile praticarla. Nozioni di teoria e pratiche teatrali dalla scrittura alla recitazione.

Cosa sta alla base del vostro lavoro teatrale ‘domestico’ che vi prefiggete di trasmettere in questi due giorni di full immersion?

Cercheremo di far capire che alla base della scelta, per esempio, della casa come luogo teatrale ci devono essere tutta una serie di consapevolezze per trasformare quello spazio in una esperienza. Non è importante la scelta del luogo ma aderire al tentativo di sovrapporre realtà e finzione, attore e personaggio per creare un’ esperienza forte ed intima con lo spettatore che noi chiamiamo ospite.

Cuocolo/Bosetti

Quando nasce l’idea di un lavoro teatrale di questo tipo? Cosa vi ha portato su questa strada ‘intima’?

Come detto nasce nel 2000 in Australia a Melbourne dove il nostro teatro ha avuto lo sviluppo più importante. L’Australia è altamente organizzata e spinge verso l’innovazione non avendo, per esempio, come l’Italia una tradizione, che è sia un tesoro ma anche un freno.

Dopo aver frequentato alcuni dei grandi teatri internazionali, con The Secret Room, il nostro primo spettacolo in questa direzione, volevamo creare un incontro più vero e più forte con lo spettatore/ospite. Ecco allora la scelta di un luogo reale la casa, dove mettere più vita nel teatro e più teatro nella vita.

La società attuale è proiettata verso la complessità di ritmi di vita estranianti, che lasciano gli individui sempre più isolati e privi delle solide e semplici fondamenta domestiche di una volta: quanto di questa necessità domestica ha ispirato il vostro lavoro?

Sì, la possibilità di un incontro tra attore e spettatore è alla base di questa riflessione. La necessità di sviluppare un’empatia diffusa che si opponga al senso generale di estraneità e sradicamento. Un pensiero che sviluppato in modo diversi sta alla base di tanto teatro di ricerca dagli anni ’70 ad oggi.

Avete ricevuto numerosi riconoscimenti di critica e di pubblico nei Festival Internazionali di 26 nazioni, ma la vostra attività possiamo dire esser divisa principalmente tra Italia e Australia. Quale delle due prediligete come vostra “casa” ispiratrice?

Come al solito è difficile e forse inutile preferire. Abbiamo doppia nazionalità e questo ci basta. Ogni posto offre cose interessanti, basta aver la voglia di scoprirlo.Crediamo anche che per il nostro lavoro sia stata molto positiva questa possibilità nomadica che ci ha portato a confrontarci con così tante situazione e soprattutto fare attraversare il nostro lavoro da così tante vite differenti.

Il Sydney Morning Herald vi definisce “la punta di diamante della performance contemporanea australiana”. Ci potete parlare del teatro contemporaneo in Australia? Quali, se ci sono, le differenze con la realtà italiana? Esiste una dimensione di scambio e confronto a vostro avviso?

Beh, grazie al Sydney Morning Herald, anche se non bisogna credere a tutto quello che dicono i giornali. Come detto le differenze sono nell’organizzazione e nella storia. La mancanza in Australia di una tradizione fa si per contrappunto che molti mezzi ed attenzioni siano oggi riservate al teatro contemporaneo e alla sua crescita. Alla fine le esigenze , dubbi e domande che un artista di teatro si fa in Italia od Australia non sono poi così differenti; è solo il contesto a cambiare. Gli scambi tra i due paesi non sono al momento così proficui, solo poche compagnie possono affrontare i costi per organizzare dei tour. Le compagnie australiane più conosciute sono Back to Back , Malthouse, Cunky Move. Ci sono molti artisti australiani che lavorano in importanti organismi teatrali sia in Europa che Stati Uniti. Fa parte della cultura australiana un’idea avventurosa e mobile della vita.

Di fronte alle difficoltà sempre maggiori che la cultura è costretta ad affrontare in Italia, secondo voi, persiste la necessità di un ritorno, come nella vostra performance “Roberta torna A Casa”, proteso verso il Futuro oppure piuttosto verso la più intima dimensione del Ricordo, lasciandosi pervadere dal desiderio di una fuga liberatoria verso altri Paesi più attenti alla cultura?

Quello che decide sono le esigenze intime, le ragioni profonde che stanno alla base del lavoro. Per noi per esempio è stato necessario ritornare, nonostante la nostra situazione fosse sicuramente migliore in Australia. Bisogna avere la forza di fare scelte eccentriche ed apparentemente antieconomiche. In Italia abbiamo trovato un pubblico e tanti organismi come per esempio Il Funaro, e il Festival delle Colline Torinesi, Il Metastasio di Prato, Le vie dei Festival di Roma che si sono mostrati pronti ed attenti al nostro lavoro.

E’ importante rimettersi in gioco, rimettersi in discussione, confrontarsi con esperienze altre, partire quando è necessario e ricominciare, non accontentarsi.

Cosa consigliate a chi desiderasse seguire le vostre orme e dar vita ad un proprio teatro domestico?

Per prima cosa di trovare la propria strada. Noi possiamo essere uno stimolo ma per sviluppare una propria visione. Per fare questo è importante conoscere, vedere, partecipare. La rassegna al Funaro può essere una buona occasione.

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