
[rating=3] “T’amo ed è continuo schianto”, di Rosalinda Conti e con la regia di Matteo Ziglio, andato in scena nella sala Orfeo del teatro dell’Orologio dal 17 al 22 maggio, riprende l’endecasillabo (“E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto!) che si trova al centro della poesia “Giorno per giorno”, scritta da Giuseppe Ungaretti come resoconto di quel dolore costante che fu per lui la morte del figlio di soli tre anni.
La scena, curata da Morena Nastasi, che si mostra all’apertura del sipario allo spettatore è naif, ma estremamente rassicurante ed accogliente: un bel prato verde e rigoglioso, tanti fiori (soprattutto giallissimi girasoli) e due altalene su cui si dondolano festosamente e ingenuamente due ragazzi.
Ma appena cominciano a parlare il loro, più che un dialogo, è un doppio monologo; sono lì e raccontano i loro sogni d’infanzia: lei era ossessionata dal senso e dal significato della parola catastrofe e lui dal desiderio, mai avverato peraltro, di avere un pesciolino rosso e diventare da grande un pescivendolo di pesci vivi, lei pensava sempre alla fine del mondo, lui informa dei suoi primi piccoli lavoretti (portare le pizze, consegnare i giornali), lei sogna una casa per tutti e due e lui vorrebbe il posto fisso, entrambi parlano di universi paralleli.
Sempre dondolandosi e tenendosi per mano raccontano la loro tenera storia d’amore, che non ha cancellato le loro paure passate, anzi, queste si sono amplificate con le paure presenti e quelle che li aspettano nel futuro, prima fra tutte appunto l’impossibilità di trovare un lavoro gratificante e che permetta loro di vivere una vita dignitosa insieme.
Ecco allora che la catastrofe ritorna incombente e minacciosa…la catastrofe può capitare a tutti e segna le nostre vite in maniera indelebile in tanti modi diversi che comprendono sogni di pesci rossi, pensieri fatti prima di dormire, piccole e grandi delusioni adolescenziali, perdita delle persone care, ma anche esplosioni. Ed è proprio quella di una abbagliante bomba fatta esplodere dal protagonista che cambierà il corso della loro storia.
Giordana Morandini e Stefano Patti, sono i due giovani e bravi interpreti che, con una sapiente e serrata recitazione (tra aneddoti divertenti ed episodi tristi, tragici e nostalgici), attuano il percorso introspettivo che porta a galla tutte le domande e le ingiustizie che angosciano e logorano i due protagonisti, che non si danno per vinti, perché da qualche parte una soluzione ci sarà, ma solo se a tutto questo si riesce in qualche modo a resistere, nonostante tutto (non a caso hanno un pesciolino rosso chiamato Resisti).
Il tutto con il sottofondo delle musiche dal vivo di Marco Russo che rivisita Bennato, De André, Paolo Conte con chitarra ed armonica, creando un’atmosfera davvero piacevole, i costumi di Fabio Mureddu e le luci di Marco Maione.
Il testo non ha molte pretese, se non quella di spingerci a riflettere, a capire soprattutto se siamo in grado di cogliere qual è il momento preciso in cui forse la vita ci offre una pur minima possibilità per vincere la precarietà e la difficoltà di vivere, per evitare questa maledetta catastrofe, questo schianto, e non solo in senso metaforico.