Home Teatro Si apre la stagione con Adriana Asti: sono ‘Giorni Felici’ al Metastasio

Si apre la stagione con Adriana Asti: sono ‘Giorni Felici’ al Metastasio

Robert Wilson a confronto con uno dei testi più rappresentativi del teatro dell’assurdo di Beckett in una nuovissima regia

[rating=4] Un lieve sipario bianco ondeggia spinto da sonore raffiche di vento. Frastuoni, rumori di rottura, martelli pneumatici in crescendo preannunciano l’inizio della scena. Il velo bianco vola via. Cala il buio. Un faro biancastro, freddo, illumina un volto e un busto intrappolato in una sorta d’eruzione di asfalto. Winnie – Asti, in una posa plastica, riposa imprigionata in controluce. Il suono di un telefono la sveglia. E’ l’alba di un nuovo giorno, un giorno felice.

Così si apre la “prima” dell’atteso spettacolo “Giorni Felici” di Samuel Beckett che inaugura la stagione del Teatro Metastasio di Prato, per la regia di Bob Wilson e con l’interpretazione di una magnifica Adriana Asti nei panni di Winnie.

La regia di Wilson, definito dal New York Times “una pietra miliare del teatro sperimentale mondiale”, segue fedelmente il testo beckettiano e ne esalta i contrasti con un semplice ed efficace gioco di luci e ombre.

Scritta nel 1961,la commedia“Giorni felici” (“Happy days”) ha per protagonista una donna, praticamente immobile nel mucchio di sabbia dove sprofonda sempre più, che fa lunghi soliloqui rivolta al marito Willie, disteso accanto a lei, ma costantemente impegnato a dormire o a leggere annunci pubblicitari sul giornale. Spiega il suo punto di vistala Asti: «In Winnie rivedo mia madre: una signora interrata nel parquet del suo salotto. Parla incessantemente con un marito che invece legge il giornale e non l’ascolta. Di queste Winnie è pieno il mondo occidentale… sono lì, sepolte nel loro vuoto esistenziale e, per trovarle, non è necessario andare tanto lontano».

Non è la prima volta chela Astiaffronta questo personaggio: «Per me – racconta l’attrice milanese – è stato come riprendere un vecchio vestito nell’armadio». Nel 1985 lei fu diretta da Mario Missiroli, con una regia che la vedeva rinchiusa in un’enorme clessidra con il corpo immerso nella sabbia, in lotta contro il tempo.La Astidi oggi del tempo si disinteressa completamente, dando nuova vita al personaggio.

«Un’esperienza completamente diversa, stavolta – avverte l’attrice – Non mi aspettavo, da un regista come Wilson, legato all’immagine, che amasse tantola parola. Nonè come quei minimalisti che odiano il testo e gli attori: con lui ti senti al centro dell’universo». Un universo, proseguiamo noi, fatto di cemento e luci a neon accecanti, che nitidamente fanno emergere per contrasto la figura di una dissacrante Mary Poppins prodotto di quel vulcano che è la nostra nera società d’asfalto, incastrata in una routine che non le permette più di volare.

Anelando “che qualcosa si muova nel mondo”, uno Zefiro improvviso, Winnie parla, e parla ancora, al marito, al vento forse, di sicuro a sé stessa e a tutte quelle donne in sala che vivono la sua condizione di donna sola e che vorrebbe, “per dirla nel vecchio stile”, essere soltanto amata, desiderata, rispettata, ascoltata. E ogni giorno che passa per lei è un nuovo giorno che cerca d’affrontare imbellettandosi, indossando un cappellino con piuma, limandosi le unghie, meravigliandosi con una lente d’ingrandimento persino d’una formica carica d’una pallina bianca e ringraziando per giunta il suo compagno per i giorni felici che le fa vivere.La Asti gioca con spazzolino e dentifricio come un bambino che fa combattere fra le mani mostri di plastica, con un ombrellino da sole e con una pistola che non userà mai.

La Asti è capace di trasformare magnificamente la sua Winnie in un vaporoso clown, ora serrando la bocca, ora roteando “i suoi enormi occhi sempre in ascolto”, arricchendo così il personaggio con rinnovata comicità e ironia. Il texano Wilson, che si è procurato il consenso generale del pubblico e della critica mondiale con i suoi spettacoli di altissima intensità estetica e di grande potenza emotiva, questa volta appare contenuto nell’illuminotecnica: solo un fugace verde paesaggio al termine del primo atto e una saetta di neon zigzagante verso la fine dello spettacolo.

La Winnie– Asti intanto sprofonda sempre più e nel secondo atto, emergendo come dai nostri occhi ora nitida poi sfocata, mostrerà la sola testa, “piena di grida” e di parole: «C’è sempre la mia storia quando tutto il resto viene a mancare».

E mentre Willie (Yann de Graval ) striscia “meravigliosamente” sulla scena, vestito di tutto punto, mostrando il suo pallore e una ferita che sanguina sul cranio rasato, allora sì, “sarà stato un giorno felice, un altro giorno felice”, forse l’ultimo? E Winnie non potrà far altro che cantare Tace il labbro della Vedova Allegra.

Entusiasmo e grandi applausi al Teatro Metastasio di Prato.

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