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Non chiamatelo amore, sono Ferite a morte

[rating=5] Ferite a morte è un progetto teatrale scritto e diretto dalla conduttrice tv Serena Dandini con la collaborazione di Maura Misiti, ricercatrice del CNR. Nato nel 2012 come lettura-evento, è diventato un vero e proprio spettacolo teatrale nel 2013 grazie all’enorme successo ottenuto che l’ha portato ad essere conosciuto, tradotto e rappresentato anche all’estero arrivando sui palcoscenici di New York, Washington, Ginevra, Bruxelles, Londra, Parigi e Lisbona.

Lo spettacolo è andato in scena dal 1 al 6 dicembre al Teatro Bellini di Napoli con la compagnia stabile formata dalle tre attrici, Lella Costa, Orsetta de’ Rossi e Rita Pelusio, e l’accompagnamento delle bellissime foto di Rossella Fumasoni.

Ferite a morte nasce da una riflessione profonda e amara di Serena Dandini e Maura Misiti su un fenomeno agghiacciante e purtroppo dilagante in Italia: il femminicidio. Le due hanno studiato i casi di cronaca nera del nostro paese degli ultimi anni che hanno visto come vittime una donna e come carnefice un fidanzato, un ex, uno spasimante e ne hanno tratto un’antologia di monologhi, ispirati all’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, che fanno parlare dall’aldilà quelle donne innocenti che raccontano come e perché sono passate all’altro mondo.

Ma un perché in fondo non c’è mai: c’è quella uccisa dal marito geloso che credeva di averla vista lanciare occhiatine al portiere, quella vittima di un ex fidanzato che non aveva accettato la fine della storia, quella col compagno a cui piaceva il sesso violento che alla fine però si è rivelato fatale, quella fatta fuori da due killer assoldati dal marito ricco e noto dell’alta società che non poteva essere lasciato da una “scemetta” come la chiamava lui, quella che aveva 25 anni ed era già scampata una volta alle grinfie del fidanzato, scarcerato dalle accuse perché aveva avuto un raptus e “Mica un raptus capita due volte?” ma era ricapitato e con sessantasei coltellate l’aveva fatta fuori.

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Le storie sono atroci, tutte dalla prima all’ultima, ma vengono raccontate con leggerezza, hanno lo stile di una chiacchierata con le amiche, non indugiano nell’orrore o nel pathos, si scherza su quando si può e se non si può ci si limita a raccontare i fatti come sono andati.

Le bravissime Lella Costa, Orsetta de’ Rossi e Rita Pelusio appaiono e scompaiono dal palco, alternandosi, vestite completamente di nero fatta eccezione per il paio di scarpe rosse che tutte e tre indossano; la scena è semi-vuota, nera anch’essa, illuminata solo dalle foto della Fumasoni che coglie i tratti salienti delle storie e li narra in un’immagine.

Lo spettacolo, della durata di un 1 ora e 40 minuti, scorre in maniera fluida fra le risate e qualche lacrime e quando cala il sipario ci si sente un po’ diversi, se sei donna poi anche un po’ arrabbiata, ed è inevitabile riflettere su quanto si è appena visto, non si può, usciti dalla sala, non chiedersi perché accadano certe cose.

Serena Dandini in proposito dice: «Questi monologhi teatrali nascono proprio dal desiderio di dare luce e visibilità a storie spesso ridotte dalla cronaca nera solo a morbosi delitti passionali. Ho pensato che il teatro con il suo linguaggio diretto potesse arrivare al cuore e alla coscienza del pubblico più di tanti discorsi seri a cui spesso siamo assuefatti.»

La Dandini illumina però di una luce diversa e ridona umanità a quelle donne, vittime prima dei loro uomini e poi dei mass-media che le hanno strumentalizzate assoggettandole a una crudele opinione pubblica; fanno tenerezza per quanto ci appaiono innamorate e piene di fiducia nella persona che amano che ti fa rabbia che siano rimaste lì a farsi ammazzare, vorresti esserci stato prima per poterle fermare da questa corsa verso una morte annunciata.

1 COMMENTO

  1. Uno spettacolo che lascia l’ amaro in bocca, per cio’ che poteva essere e non è stato, che si poteva fare e non si è fatto…..si continua a morire per mano dell’ amore perverso, malato, geloso….Le tre protagoniste e la regista Dandini, ironicamente, sarcasticamentem freddamente raccontano storie e vicende vissute da coloro le quali non hanno più voce…..

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