
Sabato 16 aprile è andato in scena al Teatro Magnolfi di Prato, lo spettacolo De Profundis, un vero e proprio omaggio ad una fra le più celebri lettere mai scritte nella storia della letteratura mondiale, quella di Oscar Wilde all’amico/amante Bosie.
La lunga lettera di Wilde, era destinata in originale solo ad una persona, il giovane Lord Alfred Douglas detto Bosie, fu scritta durante il secondo dei due anni di carcere duro cui Oscar Wilde fu condannato per omosessualità e contiene tutta la storia della fatale amicizia fra il celebre scrittore e il giovane aristocratico, vizioso, egoista e capriccioso. La vivida rievocazione della vita lussuosa e amorale condotta dalla coppia è vista con gli occhi di un uomo che la sofferenza ha profondamente cambiato, non nel senso di farlo diventare un pentito bigotto, bensì di fargli comprendere l’importanza di quei valori, soprattutto artistici, che l’avidità di esperienze mondane gli aveva fatto trascurare.
Da qui l’interpretazione di Cristo come artista supremo, la cui esistenza è stata un poema. Anche da peccatore redento Wilde rimane un esteta, mentre l’eloquenza del drammaturgo, che non gli viene mai meno, trasforma il torrenziale sfogo in una performance da grandissimo intrattenitore.
Nella riduzione di Masolino D’Amico per la regia di Riccardo Massai, le proiezioni e gli aiuti audio accompagnano il racconto interpretativo, rauco, di Paolo Bonacelli, mentre le luci scandiscono il tempo e i contributi musicali del violoncello di Veronica Lapiccirella creano un respiro, quasi a segnare gli appuntamenti di Wilde con la stesura della lettera che si protrasse per quasi tre mesi, portando alla luce l’irritazione e lo sconforto nei confronti della sua relazione con il giovane aristocratico. Un rapporto che condurrà alla rovina economica e al carcere per sodomia lo scrittore inglese, fino alla morte, accaduta tre anni dopo a causa dei postumi delle pene fisiche e cerebrali sofferte in carcere.
La scena si apre con una lunga proiezione video che introduce lo spettacolo, descrivendo la relazione tra Bosie e Wilde e facendo luce sulle cause del processo allo scrittore. La proiezione lascia lo spazio e la parola all’esperienza di Paolo Bonacelli, che attraverso la sua voce interpreta alcuni passi significativi della lunga lettera. Le musiche del violoncello della bravissima Veronica Lapiccirella (da Pablo Casals a J.S. Bach) creano un tappeto sonoro greve, volto a evocare suggestioni e atmosfere ricche di tensioni emotive.
Il reading nel complesso raggiunge il suo primario scopo di portare alla luce la bellissima e struggente lettera, con l’armonia della lettura di Paolo Bonacelli, nell’ottimo adattamento di D’Amico che permette di ripercorrerne tutte le questioni fondamentali: dalla storia di amore con Bosie, al rapporto di Wilde con Cristo.
Quella che sembra peccare di più è la scelta registica: la staticità della scena è interrotta solamente da alcune video-proiezioni su tutto il fondale, anche sopra i recitanti e perfino su parte del palco, rendendo il testo proiettato poco chiaro, quasi illeggibile, dando la sensazione di poca cura.
Dal profondo ci giunge un Oscar Wilde sconosciuto, capace di scrivere versi bellissimi anche nella più abbietta condizione: dolci e rassegnati, straziati dal dolore di un amore mai corrisposto.
La struggente lettera ci consegna l’uomo Oscar Wilde, ridotto all’osso, nel profondo della sua anima, fatta di cure inesauribili verso una felicità e un amore sempre più fugaci, teso a fare del suo amore un credo «Lo scopo dell’amore è amare: nè più, nè meno».