“Te piace ‘o presepe?” “No”.
A oltre 90 anni dal debutto dell’opera e di questa celebre battuta, il capolavoro di Eduardo De Filippo continua a raccontare la fragilità dei legami familiari e il contrasto tra tradizione e modernità. Questa capacità di rinnovarsi senza tradire la sua essenza è emersa con forza al Teatro di Rifredi, dove Natale in casa Cupiello, diretto da Lello Serao, ha affascinato il pubblico con una messinscena originale e sorprendente. Lo spettacolo ha trasformato la tradizionale casa Cupiello in un presepe animato, in cui i pupazzi di Tiziano Fario hanno dato vita ai personaggi della famiglia, rimanendo fedeli all’umorismo e alla malinconia del capolavoro eduardiano.
Uno spettacolo per attore cum figuris, in cui l’intensa interpretazione di Luca Saccoia ha spiccato per la capacità di rappresentare non solo Tommasino, il figlio ribelle di Luca Cupiello, ma anche di dare voce e anima a tutti i personaggi della pièce. Attraverso il teatro di figura, Saccoia ha costruito un rapporto intimo e quasi magico tra sé e le figure animate, che diventano non solo personaggi ma anche evocazioni della memoria. L’uso dei pupazzi ha conferito una dimensione onirica alla narrazione, evocando il legame profondo tra il teatro e il presepe, simbolo non solo della tradizione napoletana ma anche dello spettacolo stesso.

Per Luca Cupiello, il presepe è molto più di una semplice decorazione natalizia: rappresenta un ideale di ordine, armonia e calore familiare, un microcosmo perfetto in cui tutto è al proprio posto. È il simbolo di una tradizione che egli custodisce gelosamente, forse perché vede in essa una connessione con il passato, con i valori di una vita semplice e autentica che sente minacciata dal disgregarsi dei rapporti familiari. Il presepe diventa il rifugio emotivo di Luca, un luogo simbolico dove egli tenta di riparare le crepe invisibili che attraversano la sua famiglia, rifugiandosi in una realtà idealizzata. Attraverso la sua creazione, egli mette in scena il suo desiderio di ricomporre e salvare la sua famiglia.
La regia di Lello Serao ha saputo bilanciare l’innovazione visiva con il rispetto per il testo originale. L’ambientazione scenica, un grande presepe ricco di dettagli evocativi, ha ricreato un microcosmo familiare intriso di memoria e immaginazione. La scenografia, arricchita da luci calde e soffuse, ha accentuato l’intimità dello spazio domestico, mentre la musica ha sottolineato i momenti di maggiore intensità emotiva.
Nonostante l’originalità della messa in scena, la produzione ha preservato la forza drammaturgica di Eduardo. La comicità leggera e l’amarezza sottesa che caratterizzano Natale in casa Cupiello sono emerse con intensità. La famosa scena del “presepe” di Luca Cupiello, resa attraverso i pupazzi, ha acquisito un nuovo livello di delicatezza e ironia, mentre il conflitto tra i personaggi, in particolare tra Luca e Tommasino, ha mantenuto intatta la sua carica emotiva.
La scelta di rielaborare un classico come Natale in casa Cupiello attraverso il filtro dei pupazzi porta a una riflessione sul valore della tradizione in un mondo in continua trasformazione. Dove tanti Tommasino, con la testa china su uno schermo luminoso, finiscono sempre per dire no.
La domanda di Luca e la risposta di Tommasino condensano in pochi scambi i temi centrali dell’opera: il conflitto generazionale, la difficoltà di comunicare, il rifiuto della tradizione. Questa battuta, apparentemente semplice, diventa una chiave interpretativa per comprendere l’intera opera e il suo significato universale.
Un testo meraviglioso, dentro il quale c’è tutta la ritualità del teatro, proprio come nel presepe, che componendo il tableau vivant di quella famiglia di tanti anni fa, ancora oggi incanta e pone l’accento sulla fragilità dei legami familiari e sull’importanza dei ricordi, temi che restano profondamente attuali.