Home Teatro L’umanità di Enzo Moscato e del suo microcosmo teatrale

L’umanità di Enzo Moscato e del suo microcosmo teatrale

Life is a bitch and then you die. Un grande Moscato il 31 ottobre al Teatro Era di Pontedera

Umanità, charme, viscere. Enzo Moscato sembra possederle tutte queste qualità, e riuscire ad emozionare ancora con il suo Compleanno, un pastiche di dialetto napoletano e racconto in picchiata libera, talmente veloce da sembrare un rap. Tra parole sofferenti e sarcasmo, nostalgia estrema e menefreghismo, questo testo indecifrabile fa compagnia a canzoni e frasi ripetute a tappeto, movimenti convulsi o lenti, lacrime e scatti d’ira. Se cercare di capire sarebbe pressoché inutile, abbandonarsi, stare appesi come i palloncini in scena, leggeri ma pronti a scoppiare con rumore, è necessario. Come lui, come certe sue immagini fastidiose e altre assolutamente divine, che si mescolano con sensazioni ferrose, acute, tristi, esaltanti.

Solitario in scena, ma in comunicazione con immaginari spiriti del passato che lo vengono a visitare, il personaggio/interprete Moscato, quasi in trance, parla a ruota libera di una vita in un bordello di Napoli, poi di vicende da telenovelas, e chissà quali altri ricordi confusi. Un’esistenza miserabile ma anche gloriosa nella sua sincerità brutale, dove forse i legami fra le persone si fanno più veri e vitali, fondamentali per la propria redenzione. I cambi di atmosfera, tra inferno e paradiso, funzionano come una bomba a orologeria, grazie anche alle parentesi sussurrate che tornano ciclicamente, per tormentare e dare senso al microcosmo ricreato – simili a stagioni.

C’è tanta anima in questo piccolo gioiello di teatro ormai divenuto classico e immortale, c’è tanta materia oscura ma anche tanta luce. Rapisce ogni tentativo di Moscato di truccarsi, festeggiare il compleanno di una persona che non esiste più, tentare il suicidio con una pistola giocattolo, forse pregare, cantare. Stupisce, sempre, il suo stare in scena senza forzature e vezzi da attore navigato, ma con una spiritualità insieme marcata e carnale, come se ne vede poca in giro. Una partitura di immagini non recitate e imparate a memoria, ma agite e sofferte.
Lo scopo di questo marasma verbale e gestuale sembra infine essere quello di restare vivi, perché, nonostante il male, esistono ancora “le bambole, il teatro lirico“, l’amore.

Exit mobile version
X