Lo spettro dell’infanzia, di ciò che siamo stati, specie nel confronto coi nostri coetanei a scuola è un’immagine, un sogno, che di quando in quando ritorna un po’ alla mente di tutti; per alcuni ricordi felici, per altri incubo, per la maggior parte di noi un impasto confuso di entrambe le cose. E’ proprio da questo punto di vista che parte lo spettacolo La classe di Fabiana Iacozzilli, un’artista che ci ha abituati fin dai suoi esordi ad audaci e originali parabole sceniche e anche qui non è da meno. Nell’ambito di Romaeuropa Festival 2018 propone al numerosissimo pubblico dell’ex mattatoio, una performance unica, un “docu-puppets” appunto, dove i protagonisti sono delle dolcissime e realistiche marionette che “incarnano” nientemeno che i compagni di scuola della Iacozzilli e della stessa. Ci ritroviamo così in uno strano universo quasi onirico, dove uno sparuto gruppetto di bambini si confronta con la temutissima suor Lidia, una creatura informe ammantata di nero a cui doveva certo rimanere oscuro il metodo Montessori.
Sono passati trent’anni e la memoria dei vecchi compagni di classe, raccolta dalla Iacozzilli in audio-interviste è spersa, talora vaga, talvolta nitidissima, eppure si ricompone catarticamente pian piano come un puzzle, fra risate e dolore. Si è bambini per poco tempo in fondo, ma ciò che ci accade durante l’infanzia ha la perversa e tenace sopravvivenza di una tartaruga e perfino quel ricordo lontano, magari volutamente occultato, finisce per riaffiorare.

Suor Lidia era grassa, baffuta e cattiva, ma qualche alunno è perfino disposto a salvarne l’integrità, qualcun altro no, riportando alla mente gli scherni gratuiti e i ceffoni di quella che fu la loro insegnante. In fondo tutti stranamente volevano solo farsi amare da quella maestra così rigida, Iacozzilli inclusa, tanto che al rifiuto di quell’amore non resta che odiarla. Eppure il giudizio rimane sospeso, quel “baffo” di suor Lidia che la Iacozzilli confessa le sia rimasto incastrato nel cuore, dopotutto si riallaccia in qualche modo ai fili delle sue bambole, quelle bambole che fin da ragazzina le parlavano e che ora recitano sulla scena, forse proprio grazie alla manesca e puzzolente suora che un giorno la spinse a scrivere la sua prima recita scolastica. Uno spettacolo unico, emozionante, divertente, curatissimo in ogni dettaglio, soprattutto l’audio di Hubert Westkemper che avvolge magicamente lo spettatore staccandolo dalla realtà esterna e lasciandolo navigare nel sogno vivido della Iacozzilli.
Menzione speciale per le marionette di Fiammetta Mandich, così tenere e spaurite da desiderare di adottarle, magnificamente guidate dai performer Michela Aiello, Andrei Balan, Antonia D’Amore, Francesco Meloni e Marta Meneghetti, agili manovratori sotto le luci di Raffaele Vitiello, spruzzate di toni da oltremare perfettamente in sintonia col tema della memoria bambinesca. Una co-produzione CrAnPi, Lafabbrica, Teatro Vascello e Carrozzerie | n.o.t, ispirato a La Classe Morta di Tadeusz Kantor, questo spettacolo ha vinto il bando CURA 2018 ed è stato finalista per Teatri del Sacro e per il Premio Dante Cappelletti 2017. Che dire di più? Peccato per chi se l’è perso.