L’abbiamo recentemente ammirata nello sceneggiato “La guerra è finita”, diretto da Michele Soavi, nel ruolo della marchesa Terenzi, un personaggio che è sicuramente rimasto nel cuore dei telespettatori. Lei è Paola Sambo, attrice di teatro, cinema e televisione, poliedrica interprete di opere di successo. Ci ha concesso gentilmente un’ intervista, in cui ci parla dei suoi ultimi lavori, ma anche un po’ di sé.
D “La guerra è finita” non racconta l’orrore dei campi, se non con brevi flash, ma le macerie del dopo guerra, si può dire che è la storia sugli effetti dei campi e il racconto dello stupore nel venire a sapere della loro esistenza, perché nel 1945 in Italia nessuno sapeva niente… Che approccio hai avuto con questa vicenda?
R La sceneggiatura mi ha emozionato dalla prima lettura. Mi è piaciuto il taglio crudo, non retorico. La tragedia vissuta dai ragazzi, raccontata attraverso i loro sguardi, unici e personali. Lo sgomento di chi raccoglie questi racconti, di chi sì, temeva, sospettava qualcosa… ma non poteva immaginarne la portata. Mi ha molto colpito.
D La Marchesa Terenzi, nonostante le premesse, si rivela poi un personaggio fondamentale per la conclusione “positiva” della vicenda; cosa ti è piaciuto del tuo personaggio?
R La sua modernità. Il suo essere indipendente e al di fuori degli schemi. È una donna privilegiata, ricca e viziata, se non avesse vissuto la morte del figlio probabilmente non si sarebbe mai confrontata con l’orrore della guerra. Il dolore, che dapprima l’ha chiusa in un egoistico passare di giorni tra divano cani e assenzio, riesce poi ad aprire un varco nella sua rabbia, quando si confronta con il dolore di Gabriel. Lo capisce, lo condivide, e ricomincia a vivere. E poi va incontro al suo primo voto, (al primo suffragio universale!) con l’entusiasmo di una ragazzina.
D Che rapporto hai avuto con gli altri attori, soprattutto i piccoli?
R Ottimi! Un bellissimo cast. Con i bambini ho girato un solo giorno, sono stati molto simpatici. La bravura loro e dei ragazzi è secondo me il punto di forza della serie. Assieme a una sceneggiatura commovente e a una regia più cinematografica che televisiva.
D Pensi che “La guerra è finita” sia stata utile come momento di riflessione sulla recrudescenza di alcuni atteggiamenti di matrice razzista ed antisemita?
R Lo spero proprio! Spero possa aver illuminato qualche pensiero ottuso, mutato qualche appartenenza insensata.
D L’attualità della storia sta anche nell’ importanza del recupero e del valore della memoria, un modo per spingere i giovani a ricordare, come una sorta di passaggio del testimone…
D A proposito, dopo il grande successo di pubblico e critica dello scorso novembre, tornerai di nuovo in scena (dal 10 al 15 marzo al Piccolo Bellini di Napoli) proprio con “Stranieri” un testo di Antonio Tarantino, per la regia di Gianluca Merolli, che recita accanto a te, insieme a Francesco Biscione; parlaci del tuo personaggio.
R La Madre. Una donna che ha vissuto una vita di attesa, di piccoli e grandi rancori macerati in solitudine; che non è riuscita a lottare per la felicità, sua e della sua famiglia. È stata passiva, si è depressa, concentrata sull’amore per il marito distratto e assente, ha forse trascurato il figlio, insomma, una vita impantanata in legami familiari non risolti. Noi la incontriamo che è già morta ed è con il Figlio e, tra rimpianti, buffe recriminazioni e amore, finalmente espresso, percorreranno un cammino di comprensione e di salvezza. Tra loro e incontro al Padre, vero protagonista di questa storia.
D “Stranieri” è il racconto grottesco e spietato sulla paura dell’altro, infatti descrive l’ultimo delirio di un uomo solo, chiuso in casa e chiuso nei suoi pregiudizi verso gli immigrati, un tema di forte attualità….
R Sì. Prendo nuovamente a prestito parole di Tarantino per risponderti, le trovo irrinunciabili, per chiarezza e incisività. In un’ intervista dice:”… il testo insiste sul motivo di una paura imminente, che oggigiorno appare un sentimento inevitabile per far funzionare il mondo. Sembra che se non si incute timore, non si possa governare e che le stesse persone che minacciano la moltitudine, debbano poi rassicurarla, come un padre.” E conclude: “Per incidere su questo atteggiamento si può fare poco, ma quel poco deve esser fatto; io devo farlo e lo stesso teatro è tenuto a ciò.” Bellissimo!
D In questo testo emergono diverse forme di estraneità: al proprio io, agli altri, alla morte stessa, una sorta di immobilità esistenziale ed emotiva; non credi che oggi più che mai si stia vivendo una condizione molto simile a questa?
R Assolutamente sì! Quanto siamo sconosciuti a noi stessi? Quanto sconosciuto ci è chi ci è più caro? La Madre dice: “Tutti presumiamo di conoscere tutti, ma è proprio questo strano preconcetto che ci rende stranieri l’un l’altro” E’ così vero! Darsi per scontati, per quotidianità e affetto, è un errore spaventoso, ma lo facciamo di continuo. Il rapporto con la morte poi, con i nostri morti, mi affascina enormemente. In questo testo c’è l’incontro tra qua e aldilà, c’è il contatto, l’abbraccio tra i due mondi.
D Nelle tue interpretazioni sei sempre nuova e diversa (e non solo nella recitazione), porti sempre in scena personaggi forti ed emotivamente potenti. In quale personaggio da te finora interpretato riconosci una vicinanza o un aspetto del tuo modo di essere?
R In tutti c’è un pezzetto di me.
D Attrice di teatro, cinema, televisione…dove ti senti più a tuo agio e perché?
R Non parlerei di agio, lo conosco poco, ma di piacere, tanto!; tutti e tre, amo far tutto.
D Hai lavorato con molti registi, a quali sei maggiormente grata o di chi serbi un ricordo più forte e significativo?
R Ho avuto la fortuna di incontrare grandi maestri, che mi hanno segnata e formata. Voglio ricordare il primo, avevo 20 anni. Scuola di Teatro di Bologna: Gianfranco Rimondi. Con infinita pazienza e grande cura ha cominciato a districare il groviglio che ero. Mi ha obbligata a guardarmi, a non sviare lo sguardo da quel che mi faceva stare male. Ci ha acceso un faro sopra. Senza di lui non avrei mai cominciato.
D A luci spente cosa ti porti dietro?
R Tutto, per un po’. Ma per fortuna la mia memoria è labile e prima o poi, tutto si confonde. “…restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento, le luci nel buio di case intraviste da un treno…” Un mio amico dice che io, se non c’è Guccini, non mi diverto…