
Abbiamo incontrato Ilaria Testoni, la regista di “Un desiderio per Lolita” in scena al teatro Arcobaleno di Roma dal 7 Maggio al 1 Giugno, con la talentuosa Barbara Begala (interprete di Charlotte Haze, madre di Lolita) e la straordinaria quattordicenne Virginia Ferruccio, che porta in scena una Lolita bruna e sfacciata molto cinematografica.
Perché Lolita?
La storia è molto moderna, una storia di solitudini, ancora di più oggi dove l’uomo è solo, io l’ho letta anche nella forma dell’incomunicabilità più che storia d’amore od ossessione. Lui è un uomo che ama, ma non è davvero capace di amare nel modo in cui Lolita dovrebbe essere amata, poi c’è la madre di lei che ama quest’uomo, s’innamora a prima vista di Humbert, ma in realtà ha solo paura di rimanere sola, una donna che alla fine resta comunque sola e non comunica con la figlia e poi Lolita stessa che cerca l’amore, o meglio il bisogno di essere amata. Sono tutti personaggi che vedo molto soli e incapaci però di colmare questo bisogno, una cosa che secondo me si vive molto oggi, mi ha ricordato l’incomunicabilità della nostra società, l’incapacità di costruire rapporti.
L’anno scorso è stato presentato a Napoli uno spettacolo su Lolita in cui la ragazzina in scena fa il processo al pubblico. Nella vostra versione se c’è, chi è il “colpevole”?
Dal mio punto di vista nessuno è colpevole, ma tutti responsabili. Lolita è incosciente ma sceglie di stare con lui, può essere debolezza, insicurezza, bisogno d’amore, ma compie in ogni caso una scelta, con tutte le conseguenze del caso, così Humbert sceglie di amare Lolita, non come padre, come avrebbe potuto fare, né semplicemente fuggendo via da lei come confessa una volta, stessa cosa per la madre di Lolita che vuole credere di amare Humbert, potrebbe vedere oltre, ma non lo fa, si illude, sceglie di farlo.
Tradizionalmente si pensa a Lolita come la “ninfetta cattiva”, Humbert la chiama “demonietto”, voi come vi siete poste rispetto a questo personaggio?
Non abbiamo scelto una piccola femme fatale bionda con gli occhi chiari e le labbra rosse, ma una ragazza che ha realmente 14 anni (Virginia Ferruccio), una ragazza normale, lei non è “la cattiva”, è piuttosto “co-responsabile” come gli altri personaggi.
A livello sociologico il romanzo ha affrontato spesso la dualità dei personaggi: Humbert-Humbert doppio di sé stesso, Lolita sposa-bambina, Charlotte specchio della figlia… Come avete affrontato questo aspetto?
(risponde Barbara Begala) Humbert dice a Lolita quando è incinta: Mi sembri tua madre… Questa battuta racchiude praticamente tutto.
Cosa può offrire oggi a teatro di diverso una storia così nota al grande pubblico?
Ognuno ha la sua visione, io volevo restituire a Lolita l’innocenza, toglierle il velo di malizia, chiaramente rimane maliziosa, ma volevo darle una connotazione più oggettiva, nel romanzo è sempre Humbert che parla di lei, dal suo punto di vista, quindi univoco, è lui che ce la presenta e ce la racconta, ma forse la “sua” non è nemmeno la “vera” Lolita. Volevo restituire a tutti un po’ di umanità rispetto a come siamo stati abituati a vedere questi personaggi, Humbert alla fine dice “eppure io non sapevo niente di lei”, questa frase ad esempio ci offre uno spiraglio di verità.
(a Virginia Ferruccio) Come vivi il fatto che entrambe le interpreti cinematografiche di Lolita pur avendo fatto altro nello spettacolo, non sono arrivate al “grande” successo? Quasi siano rimaste incastrate nel personaggio…
Non si può avere sempre successo, secondo me ci sono molti attori che sono stati protagonisti di grandi film e poi non hanno avuto successo, diciamo che la cosa non mi preoccupa più di tanto.