Home Teatro Darwin inconsolabile: la tanatosi come gesto politico ed emotivo

Darwin inconsolabile: la tanatosi come gesto politico ed emotivo

(Un pezzo per anime in pena), scritto e diretto da Lucia Calamaro in scena a La città del Teatro di Cascina

Darwin inconsolabile © La città del Teatro

Ci sono spettacoli che si muovono come fenditure nel presente, aprendo un varco tra la dimensione privata e quella collettiva. Darwin inconsolabile (un pezzo per anime in pena), scritto e diretto da Lucia Calamaro, è uno di questi. Visto a La città del Teatro di Cascina, il lavoro conferma la capacità della drammaturga romana di fondere ironia corrosiva, citazioni colte e una vena malinconica che scava nei rapporti familiari come nel rapporto dell’uomo con il pianeta.

La trama è semplice e crudele: una madre anziana (Maria Grazia Sughi), artista performativa che si dichiara “ex Fluxus”, finge di morire per attirare l’attenzione dei suoi tre figli distratti e disamorati. La sua tanatosi, simulazione di morte mutuata dal mondo animale, non è solo gesto performativo, ma anche metafora di un pianeta che, esausto, si accascia sperando in una reazione. Intorno a lei orbitano i tre figli: Simona (Simona Senzacqua), ostetrica ambientalista impacciata; Riccardo (Riccardo Goretti), maestro elementare schiacciato dal peso di una responsabilità mai davvero assunta; Gioia (Gioia Salvatori), performer plastica in simbiosi con la madre, più vicina al mondo vegetale che a quello umano.

Lo spettacolo si apre con l’immagine straniante di un supermercato, carrelli carichi di plastica e frutta avariata, per poi traslocare nello spazio domestico che diventa camera ardente, installazione artistica, luogo di resa dei conti. La parola domina, come spesso in Calamaro, in un flusso che intreccia filosofia, antropologia, citazioni darwiniane e derive ecologiste: da Borges a Bioy Casares, da Donna Haraway a Timothy Morton, fino a Chico Mendes. Ma dietro la densità intellettuale, il conflitto resta sempre carnale, familiare, pulsante.

Darwin inconsolabile © La città del Teatro
Darwin inconsolabile © La città del Teatro

Il quartetto di interpreti regge con sapienza il doppio registro comico e tragico. Goretti conferma il suo talento per un comico sghembo e amaro, Senzacqua si muove con delicatezza tra goffaggine e tensione etica, Salvatori incarna con furia e nevrosi un personaggio che sembra cucito addosso, mentre Sughi, tenera e beffarda, regala alla madre un’aura insieme fragile e indomita. Le luci di Stefano Damasco disegnano un paesaggio straniante, sospeso tra supermercato e obitorio, tra quotidiano e apocalisse.

Se talvolta la scrittura di Calamaro indulge in lungaggini e autocompiacimenti, rallentando il ritmo della seconda parte, è anche vero che questo accumulo verbale restituisce la saturazione e l’ansia del nostro tempo: l’impossibilità di scegliere, di evolvere, di guardarsi davvero negli occhi. Forse è questo il cuore inconsolabile dello spettacolo: non c’è catarsi, non c’è salvezza, solo un lento oscillare tra sghignazzo e disperazione.

Darwin inconsolabile conferma Lucia Calamaro come una delle voci più originali del teatro contemporaneo italiano: capace di trasformare il lutto in una performance politica, la commedia familiare in una riflessione sull’ecologia del nostro futuro, e la tanatosi di una madre in una chiamata alle armi che riguarda tutti.

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