Home Teatro Chiusa l’VIII ed. del Festival teatrale Chièdiscena, la mejò gioventù in Puglia

Chiusa l’VIII ed. del Festival teatrale Chièdiscena, la mejò gioventù in Puglia

Una piccola realtà artistica che potrebbe aprire la strada a una buona pratica nazionale

Federica Indellicati e Raffaele Ricciardi ne "La Tempesta" regia di Maurizio Vacca.

Da otto anni a Gioia del Colle (e quest’anno anche ad Acquaviva delle Fonti) in provincia di Bari si schiude un piccolo miracolo artistico. Una di quelle esperienze umane alle quali se si ha la fortuna di partecipare, non si dimenticano più. Per due settimane l’area delimitata dai due comuni si trasforma in una vera e propria città dei ragazzi. Qui scuole e istituti di tutta Italia animano il Festival Chièdiscena.

L’idea sviluppata anni fa, è stata poi plasmata in un vero e proprio evento cittadino dal direttore artistico Maurizio Vacca e dalla presidente dell’ass. Sic – Progettazioni Culturali Anna Maria Stasi. L’obiettivo era quello di riunire in un randevouz artistico tutte le istituzioni scolastiche che, rispondendo a un bando, avessero voluto proporre il proprio spettacolo, frutto di un laboratorio didattico, o anche extrascolastico, che fosse però sempre legato alla giovane età dei partecipanti (14-26 anni).

Insomma un festival di teatro interamente dedicato ai ragazzi. Il progetto è infatti pensato tanto per essere animato dalle giovani generazioni in scena, quanto per allenare lo sguardo delle stesse ai molteplici linguaggi teatrali. Come si legge da bando, lo scopo del festival è dunque quello di favorire scambio, dibattito, incontro, ma soprattutto formare “spettatrici e spettatori, quindi cittadine e cittadini, consapevoli”. Un’operazione nient’affatto scontata, specie in zone periferiche, dove la diffusione e la promozione delle attività culturali non è sempre agevole.

Eppure questo piccolo grande festival ci riesce da quasi un decennio, trasformando la provincia barese in un contenitore artistico di altissima qualità. Vivere il Festival Chièdiscena è un po’ come sentirsi in una Sanremo under30, in cui sia i protagonisti che gli operatori sono proprio i giovanissimi. Grazie infatti ai PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento) durante l’evento i ragazzi sono chiamati a ricoprire vari ruoli professionali. Il tutto nell’ambito appunto della famigerata alternanza scuola-lavoro. Un’accoppiata non sempre felice, sovente non studiata a misura di chi debba intraprenderla e che invece al Chièdiscena è costruita perfettamente.

A ricoprire le professionalità richieste per la realizzazione di un evento importante e complesso come un festival teatrale sono stati i ragazzi dell’I.I.S.S. “Canudo Marone Galilei” di Gioia del Colle e dell’I.I.S.S. “Rosa Luxemburg” di Acquaviva delle Fonti. Quest’anno affiancati ache dagli studenti del Liceo don Lorenzo Milani e dell’I.I.S.S. Colamonico Chiarulli.

A loro sono state affidate le competenze di cura del pubblico, storytelling per immagini e visione critica. Diversi gruppi si sono così divisi fra le attività di accoglienza, fotografia di scena (coordinati dall’occhio ufficiale del festival Lucia Ponte) e giovani critici teatrali. Quest’ultima squadra è stata seguita da Casa dello Spettatore, partner del Chièdiscena, attraverso laboratori in cui i ragazzi sono stati guidati in un percorso di visione consapevole. Imparando cioè ad acquisire gli strumenti per osservare gli spettacoli teatrali appunto con “occhio critico.” Insomma schiere di futuribili lavoratori dello spettacolo finalmente formati a dovere e magari (si spera) giornalisti a cui poter affidare ragionate analisi. Niente male.

Manca però ancora un altro tassello. Un ulteriore team di giovani leve è chiamato infatti ogni anno a partecipare a una residenza, in questa edizione curata dall’artista canario Damián Montesdeoca. Questi giovani sempre provenienti dagli istituti coinvolti nei PCTO, hanno realizzato una preziosa e brillante performance di restituzione finale dal titolo “Al lupo! Al lupo!”, dedicata al mondo delle fake news e al modo in cui ci relazioniamo alle informazioni. Quest’opera corale ha chiuso l’VIII ediz. del festival in un mare di sorrisi e abbracci, in cui è stato un prezioso onore immergersi.

Anita Indellicati (Laboratorio RigenerAzioni) in un ascena de La Tempesta di William Shakespeare, regia Maurizio Vacca - Foto Lucia Ponte.
Anita Indellicati (Laboratorio RiGenerAzioni) in una scena de La Tempesta al Teatro Rossini di Gioia del Colle, regia Maurizio Vacca – Foto Lucia Ponte.

Eppure tutto questo ancora non basta a descrivere la realtà del festival Chièdiscena. La parola chiave che potrebbe venirmi in aiuto per cercare in qualche modo di offrire una panoramica più efficace di questa realtà, potrebbe essere allora sinergia. Già perchè l’impegno e la vocazione alla costruzione di una rete di Maurizio Vacca e Anna Maria Stasi è andata capillarmente a tessersi in un dialogo attivo con gli artisti che, partendo proprio dalla Puglia, hanno creato la propria identità creativa anche a livello internazionale. Così è stato per Manuela Victoria Colacicco, che è tornata a Goia del Colle con la sua compagnia B-ped, attorno a cui si raccolgono giovani coreografi e collettivi di performer emergenti, per offrire nelle giornate del festival pezzi di danza contemporanea.

Così è stato per il talentuoso Luca Cardetta, attore e regista, come la Colacicco formatosi alla Paolo Grassi di Milano, ma originario anch’egli del barese, che quest’anno ha proposto in seno a Chièdiscena il suo pluripremiato Il pianeta giganteSegnalato a Scritture di Scena-Beyond Borders? e al Premio Hystrio Scrfitture di Scena 2024, menzione speciale al Premio Inedito Colline di Torino e vincitore della sezione Next Generation del Premio Annoni 2024, il testo ha esplorato l’universo della solitudine, soprattutto giovanile, intercettando profondamente il sentire della platea di studenti. Così ancora per l’estrosa Angelica Squicciarini, autrice della performance più originale del festival L’elefante e la formica.

Non sono mancate inoltre presenze eccellenti. Come quella del regista Carlo Bruni, ideatore di un’altra staordinaria perla dedicata alle generazioni verdi che è il Maggio all’infanzia. Bruni ha portato al Chièdiscena il suo intenso Insight Lucrezia con l’indimenticabile interpretazione di Nunzia Antonino nel ruolo di Lucrezia Borgia, coadiuvata da Adriana Gallo nei panni della servetta e dall’ensemble musicale Orfeo Futuro. Da una scrittura originale di Antonella Cilento, giornalista, scrittrice e drammaturga fra le principali animatrici de Lalineascritta, uno tra i primissimi laboratori di scrittura creativa nati in Italia.

Altro nome di punta il Teatro dei Borgia con Elena Cotugno e Christian Di Domenico rispettivamente protagonisti di Medea per strada ed Eracle l’invisibile. Entrambe gli spettacoli, fra le massime espressioni italiane di teatro civile a cui mi sia capitato di assistere, sono stati rappresentati all’ex Ansaldo. Lo stabilimento di caldaie attualmente nell’occhio del ciclone per la minaccia di chiusura definitiva e conseguente perdita d’occupazione per centinaia di lavoratori, si è così trasformato nello spazio ideale di una duplice presa di coscienza. Questa espressione extra e meta-teatrale in un freddo pomeriggio di primavera ritardataria ha segnato l’intensissimo incontro fra le vicende umane e artistiche di tutti i partecipanti. Un momento di grande impatto emotivo, di cui soprattutto i ragazzi sono stati i principali interlocutori.

Ma ancora non riesco a terminare il variopinto puzzle di questa esperienza, che ha visto in scena anche il gruppo teatrale RiGenerAzioni. I ragazzi di questo collettivo altri non sono che giovani provenienti dai laboratori teatrali tenuti nel corso degli anni da Maurizio Vacca. In questa edizione hanno deciso di riunirsi e proporre alle platee dei teatri Rossini e Luciani una fantastica versione de La Tempesta. La pièce di cui Vacca ha firmato la regia, ha fatto sfoggio di un caleidoscopio di talenti, dalla recitazione alla mise en scène, con la chicca dei costumi realizzati con parti del copione shakespeariano.

Un vero, autentico pezzo di teatro, assolutamente professionale, che non avrebbe affatto stonato come apripista di stagione al Kismet o al Petruzzelli. Già perchè lo ripeto da anni, la vera occasione per gli artisti in erba è banalmente quella di un palco. Il teatro in questo dovrebbe imparare qualcosa dai concerti. Senza contare che le nuove generazioni troppo spesso tacciate di inerzia, sono state espressione in questo contesto di una cosiddetta mejo gioventù. Che esiste e resiste. Sottoscrivo.

A questo punto non so se tirando le somme di questo lungo pezzo, sono riuscita a restituire ai lettori l’atmosfera indimenticabile del Chièdiscena. Un festival che nell’edizione 2025 con il patrocinio del Rotary Club e il sostegno di FITA (Federazione Italiana Teatro Amatoriale) ha visto coinvolti 2 interi comuni per 14 giorni, con 4 scuole superiori del territorio aderenti, 32 repliche, oltre 200 performer su palco, 120 studenti e studentesse impegnati nei PCTO e circa 4000 spettatori in sala. Traguardi che giova sottolinearlo in un’epoca oscura come questa non sono da sottovalutare.

E allora mi piace credere e sognare che il Chièdiscena possa prima o poi trasformarsi in un modello replicabile su scala nazionale. Il teatro che diamo per spacciato nelle grandi città è qui ancora vivo e potente, forse in grado di insegnarci qualcosa a proposito di dedizione, serietà e concretezza. Prendiamo nota. Nell’attesa, appuntamento alla prossima primavera, chi potrà e vorrà, anche come occasione per visitare questo splendido spicchio di Puglia, non perda l’edizione 2026 del festival.

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