Giorno dopo giorno, e con oggi è il terzo giorno di programmazione di Umbria Jazz 2018 45esima Edizione, si consolida il successo del Festival con sempre più affluenza di pubblico in città e ai concerti. Perugia si sveglia e si addormenta al suono della musica jazz che si esprime ad ogni angolo della città. Tantissimi i concerti, anche in questa domenica di sole, 15 luglio, sia in strada, soprattutto lungo il Corso Vannucci e nelle sue stradine laterali con diversi artisti jazz, swing come i “Sticky Bones” che scatenano il pubblico con i loro ritmi sincopati swing e dei bravissimi ballerini che coinvolgono anche i passanti nelle loro esibizione scatenatissime, e gli affascinanti ritmi del tango di una coppia di tangueros che si esibiscono proprio sul Corso e che riscuotono ogni giorno un grandissimo successo. Oltre ovviamente ai ritmi scatenati delle varie band che si esibiscono ad ogni ora del giorno sia in Piazza IV Novembre come El Cerrito High School Jazz Ensemble, i The New Orleans Mystics, e i Funk Off che hanno animato la serata della piazza fino all’una di notte, che ai Giardini Carducci con Bob Malone Band, gli Snips, gli Hundertones, il bravissimo Claudio Jr De Rosa Quartet e Rockin’ Dopsie & The Zydeco Twister, seguitissimi da un numerosissimo pubblico ad ogni ora del giorno e della sera, facendo di Perugia una sorta di “New Orleans italiana”.
In ogni momento della giornata si respira MUSICA e gioia di vivere, voglia di suonare insieme e di ballare insieme, di divertirsi e di assaporare i ritmi e le sensazioni che solo la musica jazz sa dare all’anima.
Scelgo di seguire alcuni dei concerti, sempre per motivi di tempo, tra quelli più importanti della giornata. Il primo di essi a mezzogiorno nella Sala Podriani della Galleria Nazionale dell’Umbria, sala appositamente allestita per poter finalmente ospitare alcuni dei concerti più importanti dell’intero Festival, come quello di oggi di Gianluca Petrella & Pasquale Mirra.

Presentati dall’ormai onnipresente Giovanni Serzanetti, proprietario del mitico jazz club di Bologna “Le Cantine di Bentivoglio” che delizia il pubblico ad ogni concerto con delle presentazioni sempre indovinatissime che colgono il senso dei progetti e degli artisti presentati al Festival, i due musicisti si esibiscono sul palco circondato dalle bellissime foto di Guido Harari, in mostra, proprio in questo periodo nella Sala. L’atmosfera quindi è già di per sé molto suggestiva, ma con tale sfondo creativo/artistico lo è molto di più.
Sia Gianluca Petrella (trombone) che Pasquale Mirra (vibrafono, percussioni) sono artisti conosciutissimi per il loro profondo talento di ricerca creativa sia nel mondo jazz che in quello dell’elettronica. Suonano due strumenti acustici molto diversi tra loro e ascoltarli in un progetto comune è comunque una vera e propria novità. Positiva sicuramente in quanto sono stati applauditissimi dal pubblico presente, presentando brani ideati su un gioco di equilibri tra melodia, ritmo, armonia ed elettronica. Il talento dei due musicisti è indiscusso e, a giusto titolo, mi sento di poter scrivere che è uno dei progetti più interessanti tra quelli presentati in questo Festival, onore e merito quindi agli organizzatori che puntando su nomi o progetti spesso al di fuori dei soliti progetti, centrano con il massimo successo l’obiettivo di portare al Festival artisti e progetti che sono una vera e propria novità per il pubblico.
Il pomeriggio è attesa spasmodica per la seconda serata all’Arena Santa Giuliana dedicata alla musica brasiliana con il concerto di Stefano Bollani in “Que Boom” e Caetano Veloso con i suoi figli con “Ofertorio”.
Ospite di diverse edizioni di Umbria Jazz, sia con lo stesso Caetano Veloso, con Hamilton de Holanda e con Egberto Gismondi, e nella scorsa edizione con un progetto dedicato a Napoli con Daniele Sepe, il pianista compositore Stefano Bollani, innamoratissimo della cultura e della musica brasiliana alla quale aveva dedicato, quasi 10 anni fa, un altro album “Carioca” ha scelto di ritornare ad interpretare lo stile e la musicalità dei ritmi brasiliani con un altro album pubblicato a maggio scorso “Que Bom”, album che una vera e propria contaminazione di bossa, samba e jazz e che si avvale della collaborazione di musicisti strepitosi come Jorge Heilder al contrabbasso, Jurim Moelera alla batteria, ed Armando Marcal e Thiago da Serrinha alla batteria.
Uno spettacolo che ha emozionato il pubblico presente, senza alcun dubbio uno degli album più belli della carriera discografica di Stefano Bollani. Tutti brani inediti ed originali basati sul vero jazz brasiliano, come è nello stile di questo raffinato pianista, musica non facile sicuramente ma che lo stesso Bollani sa far arrivare al cuore del pubblico, presentando i brani in maniera semplice e coinvolgente come d’altronde è nel suo stile di porsi dal palco, ironizzando spesso sui titoli che hanno i brani perché “A Debussy venivano titoli importanti da dare alle sue composizioni, a noi invece solo cose strane come “Ho perduto il mio pappagallino”! “
Sul palco del Santa Giuliana l’eclettico musicista non si è risparmiato suonando alcuni dei nuovi brani come “Galapagos”, “Accettare Tutto”, “Ho Perduto il mio pappagallino” , “Sbucata da una nuvola” per poi concludere, dopo un’ora e mezza di concerto, con il brano che dà il nome al suo ultimo lavoro “Que Bom”- Stefano Bollani è inarrestabile, come al solito, ma stasera ancora di più, ed è così evidente dalla sua irrefrenabile energia (si alza spesso per suonare in piedi, come suo solito, e ha mille sorrisi e smorfie simpatiche sia per i suoi musicisti che per il pubblico che lo osanna). Richiamato a gran voce sul palco, ha dedicato al pubblico di Perugia il brano “La Nebbia a Napoli” scritta dal pianista per Caetano Veloso e che nel disco è cantata proprio da lui, e scusandosi per il fatto che in tale occasione invece la canterà lui, la dedica alla moglie Valentina seduta tra il pubblico, “perché senza di lei tutto questo non avrebbe avuto modo di esistere”, chiudendo poi con una splendida versione di “tico tico no fuba “ che ha coinvolto tutto il pubblico presente in piedi a ballare sotto palco, sulle note del loro amatissimo musicista.
Il palco per l’ultimo concerto della serata è tutto per Caetano Veloso e i suoi figli.
Artista di culto come pochi altri, Veloso è una delle figure centrali della musica popolare del Novecento, non solo brasiliana. Un artista senza tempo che è stato la coscienza critica del suo paese, del quale ha saputo raccontare ed interpretare le trasformazioni, ma anche i problemi sociali, e le atmosfere di vita ed ancora oggi riesce a commuovere ed emozionare vecchie e nuove generazioni con la sua poesia e la sua voce. Erede diretto della tradizione della samba e della bossa nova, Veloso è riuscito a costruire un mondo musicale originale (già a partire dall’esperienza del Tropicalismo) vario e complesso nel quale è riuscito a far confluire musica, arte e cinema, una sua grande passione, soprattutto quello dei grandi maestri italiani.
Il progetto presentato sul palco dell’Arena è molto particolare perché per la prima volta il cantautore brasiliano presenta i suoi tre figli, Moreno, Zeca e Tom, dando al pubblico la possibilità di vedere un Caetano Veloso particolare, in una versione più intima e familiare. Con le sole 4 chitarre, delle quali due acustiche, Veloso dà spazio ai suoi figli che hanno modo cosi di presentare le loro composizioni originali ed inedite, oltre ovviamente, ma questo solo nella seconda parte, spazio ai suoi successi di sempre, in un’atmosfera molto “privata” ed “intimistica”, in un evidente moto di orgoglio e di felicità interiore dell’artista brasiliano di poter finalmente fare musica con i propri figli. Come lui stesso dice “Ho sempre desiderato fare musica con i miei figli in concerto. Da quando sono piccoli ho sempre amato stare loro vicino. Ognuno ha le sue particolarità, ognuno la propria forza creativa e il proprio modo per esprimerla”. Ed infatti nel presentarli, ognuno per i propri brani in repertorio, dedica ad ognuno di loro, un ricordo, un pensiero, un commento sulla loro bravura o capacità compositiva in un modo molto tenero e paterno. Non è sicuramente il Caetano Veloso che ognuno di noi ricorda, ma “Ofertorio” aveva, secondo me, l’unico obiettivo di dare risalto alla “famiglia” e alle sue potenzialità creative e musicali, non quello di dare risalto o aggiungere altri tasselli alla carriera, per di più già conosciutissima dell’Artista stesso.
“Ofertorio” è la celebrazione di una famiglia di musicisti ed il concerto, anche se non ha incontrato il massimo favore da parte del pubblico presente, è stato comunque di una bellezza particolare, diciamo anche “sentimentalmente paterna” che da un Artista di tale fama si può anche accettare ed applaudire ugualmente.
Di tutt’altro genere, l’ultimo concerto della notte che mi affretto a seguire al Teatro Morlacchi all’incirca a mezzanotte di Roy Hargrove Quintet. Nonostante l’ora ormai tarda, il teatro è affollatissimo per applaudire una delle leggende contemporanee del jazz. Trombettista d’eccezione Roy Hardgrove, annoverato tra i “giovani leoni” del nuovo bebop negli anni 80-90 oggi è uno dei musicisti più bravi e più apprezzati del jazz a livello mondiale. È considerato una sorta di erede di Miles Davis e vanta due Grammy Awards vinti. Il suo stile è unico, suona la tromba con tale maestria e con tale vigore che non si può fare a meno, visto il suo fisico snello e i suoi problemi di salute, come possa infondere nella musica che crea tanta energia e tanto vigore. Ascoltarlo è pura magia, e si resta lì praticamente affascinanti dalle note del suo strumento e dalla sua capacità di guidare un quintetto acustico di indiscussa bravura e talento.
Prossimo appuntamento con Umbria Jazz al prossimo week end con altri due giorni di straordinaria musica e di straordinaria emozione.