Home Fuori porta “Il nipote di Rameau” in scena all’Arena del Sole di Bologna

“Il nipote di Rameau” in scena all’Arena del Sole di Bologna

Giovedì 6 dicembre, alle ore 21, nella Sala Grande dell’Arena del Sole, Cardellino srl presenta Il nipote di Rameau, di Denis Diderot, adattamento Edoardo Erba e Silvio Orlando, con Silvio Orlando, Amerigo Fontani, Maria Laura Rondanini, regia Silvio Orlando, clavicembalista Luca Testa, scene Giancarlo Basili, costumi Giovanna Buzzi.

Repliche fino a domenica 9 dicembre – ore 21, domenica ore 16

Attore tra i più popolari e attivi del panorama italiano, diviso sempre tra cinema e teatro, Silvio Orlando è qui regista e interprete – affiancato da Amerigo Fontani e Maria Laura Rondanini – del capolavoro satirico di Denis Diderot, un trattato filosofico scritto nella seconda metà del settecento, tradotto e adattato dallo stesso Orlando assieme a Edoardo Erba.

Questo atto unico è la parabola grottesca di un musico fallito, nipote del celebre compositore musicale Jean-Philippe Rameau, che conversa con lo stesso filosofo Diderot al Café de la Régence, snocciolando episodi e aneddoti della propria vita. Dalla conversazione tra i due emerge un ritratto della società tutt’altro che positivo: Rameau è un cortigiano convinto, amorale per vocazione, avvolto in un lucido cupio dissolvi, che nella sua imbarazzante assenza di prospettive edificanti, nella riduzione della vita a pura funzione fisiologica, riesce in maniera paradossale a ribaltare la visione del bene e del male, del genio e della mediocrità, della natura umana e delle possibilità di redimerla. Un incontro che mette a confronto due mondi e due visioni contrastanti: da un lato l’etico e corretto comportamento dello studioso a sostenere l’importanza della morale e dell’altruismo e dall’altro la sfrontatezza e l’arrivismo di Rameau che fa delle sue doti di parassita e adulatore i punti di forza per ottenere riconoscimento sociale e denaro.

Rameau si è offerto attraverso i secoli come un nitido archetipo di libero servo, innocua foglia di fico per padroni a tolleranza variabile, in cui si scorge, dietro la sua perversità, le paure del filosofo del perdere se stesso e i propri riferimenti etici nell’affrontare un primo embrione di libero mercato delle idee, che intuiva stesse nascendo in quel turbolento e fervido scorcio di secolo.

Un testo non rappresentato nei nostri teatri negli ultimi vent’anni, un periodo di profonde mutazioni nel corpo della nostra società civile, alla luce del quale le contorsioni intellettuali del protagonista assumono un impatto ancor più sinistro e creano nuovi motivi di aspro divertimento.

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