Quando si iniziò a vociferare di un quarto capitolo di Toy Story le sopracciglia di molti fan della serie, incluse quelle di chi scrive, iniziarono ad inarcarsi: fummo in molti, infatti, a temere il peggio, come d’ altronde avvenne ai tempi di Toy Story 3, primo capitolo della saga ideata a John Lassenter sotto le orecchie della Disney.
Per fortuna all’epoca i timori si dimostrarono infondati, visto che la neo-acquisita Pixar portò sul grande schermo un film che andò ben oltre le più rosee aspettative, strappando a tutti, ma proprio a tutti, inclusi gli inguaribili anaffettivi, lacrimoni e singhiozzi.
Anche per questo motivo Toy Story 4 rischiava grosso sulla carta: doveva riallaccare i fili di una storia conclusasi in modo impeccabile con la partenza di Andy per il college e ripartire da una nuova bambina, Bonnie, senza ricadere nel già visto.

Per fortuna il gruppo di sceneggiatori capitanato dal solito e mitologico John Lassenter, che in corso d’ opera è stato fagocitato dal #metoo e sostituito in modo fin troppo sbrigativo da Stephany Folsom, è riuscito nella non facile impresa di raccontare una storia al tempo stesso fedele nello spirito ai precedenti capitoli della saga, ma diversa dalle altre; oltre ad introdurre una buona dose di femminismo che sembra ormai essere diventato un ingrediente imprescindibile nei film hollywoodiani post #metoo (ma anche #toobad!).
Nonostante la tassa “personaggio femminile emancipato”, Toy Story 4 riesce a fare di necessità virtù, imbastendo una storia impeccabile sia dal punto di vista dell’ animazione, di una fluidità commovente che della sceneggiatura, ricca com’è di gag, colpi di scena e nuovi personaggi, per la gioia della sezione merchanding della Disney.
Ma al di là dei consueti ingredienti, tipici delle produzioni Pixar, quello che maggiormente colpisce è il character development in grado com’è di far evolvere i personaggi principali in soli 100 minuti di proiezione, in un periodo “cinematografico” in cui sembra impossibile produrre film credibili che durino meno di 3 ore.
Insomma, per la gioia dei fan, anche stavolta il pericolo di un film non all’ altezza del suo blasone è scongiurato.
Con buona pace anche degli inarcatori di sopracciglia a cui toccherà rilassare la fronte e tenere a portata di mano i fazzoletti, perchè come nella miglior tradizione di Toy Story la fine è solo l’inizio di una nuova avventura.