
[rating=5] Storia di Dario, portavoce di una generazione “take away”, di un’esistenza scandita fra appuntamenti a base di sesso coatto, internet dipendenza ed un lavoro fonte d’insoddisfazione continua. Un’ adolescenza, in sovrappesa, vissuta fra confusa infelicità e l’affiorare della vera identità sessuale ed emotiva. Infine, l’arrivo a Milano: il sogno di una rivincita, una ricca vita affettiva…tutto, spazzato dall’ inevitabile scontro con la realtà.
Cosa si cela dietro alle parole. Dramma a carattere introspettivo quanto diretto e tagliente. Tobia Rossi ha il grande pregio di raccontare, con necessaria e surreale crudeltà, il processo graduale di Dario verso la disumanizzazione. Il motivo della psicoterapia di gruppo affiora, scandito in monologhi della durata di dieci minuti, alternati a momenti di confusione,frammenti e stralci di vita.
La città è condensata in sequenze d’immagini sfocate sullo sfondo. Solo lo spazio in grado di contenere le occasioni d’incontro scandite da “Grindr”: una delle mille applicazioni per rendere più accessibile e tollerabile il disturbo da dipendenza sessuale.
L’epopea anni ottanta. Pièce surreale e carica di citazioni per Manuel Renga. Stile di regia e scene evocano tempi ed iconografie in stile anni ottanta: la collocazione delle sedie vuote, le icone “pop” e le immagini proiettate riflettono il senso di vuoto esternato dai resoconti frammentari. Persino il lavoro di commesso al Disney Store, svolto dal nostro “Holden”, conferma la qualità di una vita trascorsa tra finzione e merchandising. L’interpretazione di Daniele Pitari palesa, alla perfezione, la progressiva discesa in un horror vacui scandito dal lavoro ed una frenetica quanto insensata ricerca d’incontri.