Lontano dalle vie illuminate a festa del centro città, lontano dalle pellicce e dalle perle delle signore al debutto della Bohème al San Carlo, lontano dall’albero più alto d’Europa che affaccia sul mare e di certo lontano anche da quella Scampia così degradata ma ormai così famosa, a Napoli Est, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, noto alle cronache (ma sconosciuto “al pubblico”) per lo spaccio di droga e la criminalità, tre giovani artisti napoletani Francesco Di Leva, Adriano Pantaleo e Carmine Guarino hanno dato vita ad un sogno che da cinque anni a questa parte portano avanti con coraggio e determinazione: il NEST – Napoli Est Teatro.
Nella palestra di una scuola primaria da anni chiusa e abbandonata al degrado i tre hanno messo su un piccolo teatro che collabora attivamente col territorio attraverso iniziative e laboratori che hanno lo scopo di dare un’opportunità e una speranza in più a chi, nato e cresciuto in quelle zone, non ha mai potuto conoscere un’alternativa alla vita da “guappo”.
In un recital di poco meno di un’ora un Servillo superbo e energico ha fatto rivivere i grandi poeti e drammaturghi napoletani da Edoardo De Filippo a Raffaele Viviani, da Salvatore Russo a Salvatore Di Giacomo, da Mimmo Borrelli a Michele Sovente incantando non solo il pubblico di estimatori e appassionati di teatro ma soprattutto quel pubblico di scugnizzi, cresciuti nei vicoli, che erano stati riuniti dai collaboratori del Nest e portati a teatro a vedere questo gioiello della nostra terra.
Servillo ha ripreso il repertorio di altri spettacoli come “Servillo legge Napoli” e “La parola canta” caricandoli però di una verve sconosciuta, che traeva linfa vitale dallo spazio ristretto e intimo gremito di gente e di sogni e dalle risate a crepapelle dei ragazzini di San Giovanni seduti per terra davanti al palco.
Spogliatosi della sua aria seria e solenne l’attore è diventato in quel teatro un ragazzo del popolo anche lui, un pigmalione che piegava a suo volere personaggi e icone, una maschera che raccontava le disgrazie di un popolo abbandonato pure da Dio che però ha sempre saputo ingegnarsi per guadagnarsi il suo morso di vita.
Al Nest Servillo ha dato prova non solo di immensa bravura ma anche di umanità e bontà dimostrando che, nonostante l’Oscar e le collaborazioni con i più grandi registi italiani degli ultimi anni, non ha mai dimenticato la sua terra e che continua a credere in chi lotta costantemente per cambiare le cose.
E a chi si chiede perché un attore di ritorno dal Piccolo di Milano e in partenza per una tournèe a Parigi sia venuto a recitare in un piccolo teatro di provincia si può rispondere con l’aneddoto raccontato da Francesco Di Leva a fine spettacolo:
«Ieri abbiamo detto ai ragazzi del laboratorio: “Mi raccomando domani tutti qui, non vogliamo sentire scuse, viene Toni Servillo” e uno di loro a risposto: “E chi è?”, allora li ho guardati e ho detto: “Perciò Toni Servillo deve venire qua, perché loro non lo sanno chi è Toni Servillo!”».