Home Teatro La “macchina” di Marco Paolini non ha buchi nella gomma

La “macchina” di Marco Paolini non ha buchi nella gomma

Il racconto ironico sull’infanzia degli anni ‘60 incanta l’Aurora di Scandicci

[rating=5] 12 marzo 2010, Teatro Aurora di Scandicci. La narrazione teatrale è un arte diversa da tutti gli altri stili interpretativi che si alternano su di un palcoscenico, Marco Paolini ne è maestro e la sfoggia in ogni suo spettacolo catturando gli spettatori come un incantatore di serpenti.

La macchina del capo è uno spaccato d’infanzia e di vita degli anni ’60 in Italia (siamo nel 1964), visto attraverso gli occhi e lo stupore di Nicola, un bambino “prealpino”, figlio di un ferroviere. Una storia semplice, popolare, di periferia, come ce ne sono a milioni, ma al tempo stesso unica. Il punto di partenza dello spettacolo è la scuola elementare, dove Nicola tra mille buchi nelle pagine dei quaderni fatte dalla ruvidità della gomma per cancellare l’inchiostro, incontra i suoi compagni di vita e di giochi, personaggi memorabili, come Piero Matto o Cesarino che dice sempre “Non son capace!”. Insieme a loro Nicola scoprirà il mondo dei grandi che sta oltre il muro del campetto di calcio, fatto di suore che non restituiscono i palloni e di ragazze che iniziano ad entrare nei pensieri dei giovani studenti, come la signorina Susanna (“Che toga la signorina Susanna”) capo del gruppo “Bella Ciao” della Colonia estiva sull’Adriatico.

La scenografia dello spettacolo è semplice e composta da un banco di scuola, un’enorme matita, un’enorme gomma di quelle blu durissime che si usavano per cancellare l’inchiostro (e che inevitabilmente finivano per bucare i fogli) e un’enorme cimosa. Sullo sfondo una maglietta a righe in formato gigante.
Al fianco di Marco Paolini troviamo la calda voce e la chitarra del bravissimo Lorenzo Monguzzi del gruppo i Mercanti di Liquore, che collabora con l’attore bellunese già da diversi anni e che accompagna egregiamente il viaggio tra i ricordi di Nicola.

Ciò che rende la storia di Nicola unica, è una serie infinita di piccoli particolari. Sensazioni squisite e fuggevoli capaci di riempire una vita: come l’odore delle stazioni, il sapore della maionese in tubetto, la chiave “passepartout” del proprietario delle autoscontro venerata come un’icona, i gettoni della lunapark che tintinnano nella tasca, lo stemma della fiat Abarth “il più bello del mondo”.
Sono queste sfumature che rendono magico il mondo di Nicola, istanti preziosi che appartengono a un passato vissuto o raccontato. Un passato che ci riporta ad una vita essenziale, fatta di ritmi pacati e rituali di una quotidianità e di una società ormai dimenticata.

Il testo dello spettacolo, scritto dallo stesso Paolini, è di una pulizia letterale straordinaria, al tempo stesso minuzioso e vitale. L’autore non concede sbavature e non è necessaria nessuna gomma da inchiostro per cancellare pagine che affabulano l’intera platea. Paolini con un eccellente uso del linguaggio privo di volgarità e sfarzi riesce a mantenere alto il ritmo, rendendo tutta la sua performance ricca di comicità, facendo risuonare le risate del pubblico fino all’ultima battuta.

Uno spettacolo che diverte e fa riflettere, senza porre paragoni con le generazioni di oggi, senza critiche né nostalgie. Alla base la semplicità perduta di un tempo e la gioia di vivere l’età più bella, quella della scoperta del mondo.

Restiamo in ascolto del grande maestro della narrazione teatrale, dalla prima all’ultima parola, e ci ritroviamo come serpenti, che non vorrebbero mai smettere di rimanere incantati.

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