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“Io&tu”, un duetto che abbraccia la vita, l’amore, la morte e la poesia

In scena allo Spazio Diamante l'opera teatrale, misteriosa e poetica, di Lauren Gunderson con la splendida regia di Gianluca Merolli

Alcuni spettacoli restano negli occhi e nel cuore. Sarà per la storia, per l’atmosfera, per la bellezza, per l’armonia tra tutti gli elementi. “Io&tu” è uno di questi.

Nella fedele traduzione di Andrea Paolotti e Chiara Loria di “I and you“, scritto dalla drammaturga americana Lauren Gunderson, è stato rappresentato, proprio in questi giorni per la prima volta in Italia, al Teatro spazio Diamante. “Io&tu” è il racconto dell’incontro tra due adolescenti, Caroline (Aurora Spreafico) ed Anthony (Derli Do Rosario Soares), incontro inizialmente destinato a fallire, ma che in realtà si rivelerà fondamentale e “salvifico”. I due sono talmente diversi tra loro che, ovviamente, sono presentati come opposti. Lui è studioso e atletico, lei è arrogante e ipertecnologica. Lei è sospettosa e sarcastica, lui è solare e saggio… Eppure sono così vicini e simili.

Tutto si svolge nella camera di Caroline, una studentessa dell’ultimo anno delle superiori che non può più frequentare le lezioni perché è nata con una grave malattia ed attende un trapianto di fegato, si connette con i suoi insegnanti online e conosce i compagni solo attraverso i social, infatti il telefono è la sua ancora di salvezza. Nella sua stanza si presenta non invitato Anthony, col suo pallone da basket, un cartellone piuttosto incompleto ed una copia consumata di “Foglie d’erbauna raccolta di poesie di Walt Whitman, infatti si è offerto volontario per proporle di svolgere insieme un compito assegnatogli dall’insegnante di inglese, una presentazione sull’uso dei pronomi come riflesso dell’interconnessione universale nella poesia “Song of myself”.

Io&tu

Caroline vive da tre anni isolata nella sua stanza, dove trova rifugio e protezione, ma che è diventata anche una sorta di prigione per lei, tuttavia non sprofonda nell’autocommiserazione e quasi accetta la sua condizione senza speranza, tutto ciò che le preme sono la necessità di rimanere connessa col wifi ed i social media su cui fa affidamento per avere informazioni sul mondo esterno. I suoi genitori si stanno separando, forse anche a causa della sua malattia, vive con la madre, presente ma sostanzialmente assente, di lei si dice che sta al piano inferiore della casa, non compare mai in scena, se non alla fine quando sentiamo solo la sua voce (Paola Sambo) da cui traspare, però, tanta tenerezza e amore nei confronti della figlia.

Caroline è una diciassettenne estremamente cinica e dissacrante, sembra non accettare nemmeno un po’ la simpatia e l’amicizia che Anthony le offre, ribatte le sue affermazioni e quasi lo ridicolizza per aver cercato di coinvolgerla nel compito assegnato. Ma lui non la rimprovera, capisce che la sua malattia è una sorta di scudo e cerca di frantumare lentamente il fragile guscio di cinico umorismo di Caroline mostrandole il genio e l’umanità della poesia di Walt Whitman.

E proprio grazie ai versi di Whitman sull’importanza del contatto umano, i due imparano non solo a lavorare insieme, ma comprendono anche quanto fondamentalmente si completino a vicenda. I loro caratteri si scontrano, ma con il potere della poesia riescono a creare un legame autentico, profondo e misterioso, condividendo i loro segreti e trovando l’uno l’umanità dell’altro.

Anthony è esattamente ciò di cui Caroline ha bisogno nella propria vita in quel momento, per dare un senso alla sua esistenza ed ai suoi sogni (vuole studiare, viaggiare e conoscere altre città) e per riuscire ad urlare finalmente il suo “barbarico yawp”. Chi non ricorda il prof Keating, ne “L’attimo fuggente”, che scrive proprio questa famosa espressione sulla lavagna mentre spiega ai suoi studenti lo “zio” Walt ed i suoi versi e gli ripete che la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore sono le cose che ci tengono in vita?

L’ambientazione per questo spettacolo è perfetta, grazie alla sapiente scenografia di Paola Castrignanò, alle luci di Pietro Sperduti, alla musica di Luca Longobardi, ai costumi di Domitilla Giordano, c’è una grande attenzione per i dettagli, anche perché il palcoscenico del Teatro Spazio Diamante si rivela luogo ideale per un’intima commedia a due personaggi, al punto che a chi guarda sembra di essere in quella stanza mentre gli attori recitano, e riesce a focalizzare l’attenzione per percepirne sguardi, gesti, emozioni.

“Io&tu” è un’opera teatrale con quasi nulla in termini di azione, ma è anche un’opera teatrale in cui si svolgono eventi di estrema importanza, riguarda la vita, l’amore e la morte, e i grandi misteri dell’esistenza e della connessione, combina poesia e incertezza adolescenziale in uno spettacolo pieno di cuore. Non è la sdolcinata storia d’amore di una ragazza morente, è un duetto, a tratti spiritoso e commovente, che si muove senza soluzione di continuità verso un finale, drammaticamente straordinario ed indimenticabile, in cui viene rivelato un mistero più profondo, che lega i due protagonisti in modo indissolubile e la storia prende una svolta improvvisa che la rende totalmente spiazzante, straordinaria ed umana. Il vero asso nella manica.

Un testo molto bello, gioioso e nel contempo straziante, basato su una storia meravigliosa raccontata e proposta con passione, che trasmette un messaggio edificante sull’amicizia, sull’altruismo e sul vivere la vita appieno.
Ancora una volta l’abile, attenta, minuziosa e, aggiungerei, “paterna” regia di Gianluca Merolli riesce a creare un piccolo grande capolavoro davvero gradevole, coinvolgente e denso di significati ed a far emergere l’eccezionale bravura dei due giovani protagonisti e tutta la loro alchimia sul palco. Quello che colpisce maggiormente di questa rivisitazione è la loro interpretazione, sono perfetti e credibili nei loro ruoli, esprimono l’angoscia adolescenziale, non solo attraverso il testo, ma anche comunicata come risultato delle espressioni, dei movimenti, degli sguardi, della voce. Una vera scoperta.

“Io&tu” ha il grande merito di far vibrare tra loro concetti apparentemente distanti come spazio e tempo, morte e rinascita e ribadisce non solo il bisogno umano fondamentale che abbiamo l’uno dell’altro, ma anche la certezza che siamo parte integrante di un ordine cosmico più ampio. E’ il riconoscimento del valore della poesia, ritenuta inutile, incomprensibile, fuori moda, soprattutto dalle nuove generazioni, e ci ricorda che, nonostante il dolore e la sofferenza, la speranza e la bellezza persistono. Merita di essere riproposto e visto, perché arricchisce di umanità.

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