Home Teatro I sogni e la delicatezza femminile rivivono in Sonja

I sogni e la delicatezza femminile rivivono in Sonja

Al Teatro Era di Pontedera Alvis Hermanis mette in scena anima e cuore

[rating=5] Dopo il successo de “Le Signorine di Wilko”, presentato al Teatro Metastasio di Prato, torna la poesia e la semplicità del regista lettone Alvis Hermanis, che al Teatro Era di Pontedera ha portato in scena la storia toccante di Sonja.

Il regista mitteleuropeo, dal 1997 direttore del Nuovo Teatro di Riga, è sicuramente uno dei registi più interessanti della nuova scena internazionale, consacrato con prestigiosi premi nei maggiori festival europei. Le sue regie presentano una commistione di stili ed estetiche teatrali differenti, Hermanis attinge al patrimonio culturale dell’Est e dell’Ovest per creare originali combinazioni di immagini e simboli di periodi storici e culturali diversi. Tra le sue molteplici creazioni vi è anche “Sonja”, un ingegnoso adattamento dell’omonimo racconto della scrittrice russa Tatjana Tolstaja (bisnipote del grande Tolstoj), in cui all’iperrealismo si affianca l’illusione onirica.

Sulla scena è ricostruito minuziosamente un umile appartamento disabitato, ma ordinato e provvisto di qualsiasi esigenza. Si riescono anche a sentire gli odori della Leningrado degli anni ’30. Il palco accoglie una camera da letto, un salotto e una cucina, in cui non manca nulla: letto, guardaroba, consolle con specchiera, credenza, tavolo, fornelli, pensili, e ancora stoviglie, catini, teglie e così via. Nell’abitazione fanno irruzione due goffi ladri col viso coperto da una calzamaglia. Le case, si sa, hanno un’anima e un po’ per gioco, un po’ per amore, i due malviventi attraverso un vecchio album di fotografie ricostruiscono la vita della sfortunata padrona di casa.
Gundars Abolin si spoglia e veste gli abiti di Sonja: camicia da notte, calze e parrucca con bigodini mentre Jevgenijs Isajevs inizia a narrare la sua storia: “C’era una persona e adesso non c’è più. Ne è rimasto solo il nome: Sonja”.
Girano dischi dell’epoca nel vecchio grammofono, mentre Sonja si muove per la casa, prepara una torta e un pollo, si trucca e si profuma. Nel frattempo il narratore sgraziato porta a nudo la sua umile e inutile vita, raccontando il terribile scherzo con cui Ada, una sua amica, fece illudere Sonja di essere amata, intraprendendo con lei un fitto scambio epistolare, in cui si fingeva Nikolaj, un uomo sposato che si dichiarava perdutamente innamorato di lei. La passione con cui Sonja si lasciò coinvolgere dalla corrispondenza, rese impossibile ad Ada interromperla; continuò così a scrivere, in parte per pietà nei confronti dell’amica, in parte per il gusto di proseguire lo spietato gioco che si concluse solo quando la guerra gettò nell’oblio i protagonisti del racconto.

Tutti gli oggetti dello spettacolo sono autentici e non costruiti in laboratorio, sono appartenuti a persone in carne ed ossa e nati dalla vita reale. Dalla scenografia, alle luci, alla regia degli attori; Hermanis non lascia niente al caso e costruisce una perfetta scatola magica dove nascono emozioni.
Sebbene lo spettacolo sia rappresentato in russo con sovratitoli in italiano, la mimica, i silenzi e i minuziosi gesti di Gundars Abolin portano alla luce perfettamente la femminilità, la delicatezza e la malinconia di una donna sola e indifesa. La bravura dell’attore fa si che non reciti mai la parte della donna, ma come nel più autentico lavoro sull’attore del metodo Stanislavskij si fonda nel mondo interiore del personaggio, riuscendo a trasmettere agli spettatori momenti di intensa verità.
Jevgenijs Isajevs, che invece dà voce al diario della donna ritrovato in un cassetto, diventa una proiezione invadente e senza riguardi dell’uomo che Sonja non ha mai avuto, ma anche del mondo che la spia morbosamente dalla finestra e da cui cerca invano di difendersi.

La visione del teatro di Hermanis si può racchiudere in queste parole del regista:
«…ho capito che nel teatro d’oggi bisogna essere estremamente old fashion, raccontare storie dai sentimenti semplici. Credo che il vero teatro sia il teatro dell’attore, un teatro che porta all’emozione senza shock. Non sono interessato alle terapie psicoterapeutiche o mediche, ma alle emozioni umane. Nel teatro contemporaneo ci sono molti grandi cervelli ma pochi grandi cuori. In futuro il teatro sarà l’unica cosa che resterà fuori dalla via digitale, perché avrà sempre delle persone che saliranno su un palco ». Sonja rispecchia in pieno questo pensiero e ne è l’emblema.

Finalmente uno spettacolo di teatro con la T maiuscola, un piccolo gioiello con due attori strepitosi e un regista d’altri tempi. Con Hermanis il teatro ritorna ad essere un luogo magico dove i racconti semplici riescono ad incantare e stringere il cuore. Il suo linguaggio teatrale va oltre ogni archetipo e ogni traduzione, spogliato dalle vesti pesanti dell’innovazione resta l’essenza del silenzio e dell’emozione.

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