
Un concerto davvero irripetibile ed emozionante quello di venerdì 23 dicembre al Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze diretto da Claudio Abbado.
Per l’occasione, che ha visto presenti illustri, tra i quali Roberto Benigni e Carla Fracci, il grande Maestro ha diretto due sinfonie improntate alla pressione del Destino.
La serata è stata aperta puntualmente alle ore 20,00 dal Schicksalslied (Canto del Destino ) Op. 54 per Coro e Orchestra di Johannes Brahms dal tono introspettivo ed il carattere vivamente arcaizzante, carico di struggente nostalgia nel lento canto sottovoce delle due prime strofe di Hölderlin, per poi sfociare in un terrifico Dies Irae , quindi chiuso circolarmente da un Adagio di trenta battute. Opera sublime che ha visto spiccare parti soliste come il primo flauto Jacques Zoon.
La seconda parte è stata completamente dedicata alla Sinfonia n. 9 di Gustav Mahler, requiem in veste di sinfonia, vero canto funebre che guarda alla morte senza timore nella sua veste di testamento gravido di ricordi. Il primo tempo richiama tematicamente il Canto della terra , levandosi lentamente dall’oscurità per quindi sfociare in un tema ampio ed espressivo, a sprazzi luminoso. Il Ländler del secondo tempo si fa danza sinfonica, con tratti ora macabri, mentre nel successivo Rondò-Burlesca l’esasperazione si alterna a episodi trasognati. L’Adagio conclusivo è carico di pathos, librandosi in una zona irreale, dove lentamente in un pianissimo da due, tre, quattro p la musica evapora.
Esecuzione commovente di una trascolorata Orchestra del Maggio unita all’ Orchestra Mozart-Bologna sotto la direzione del grande Maestro, che ha colto in pieno lo spessore tragico e il lirismo della partitura, mettendone in luce gli aspetti più moderni e inquietanti, dando tagliente rilievo alla strumentazione e coinvolgendo profondamente l’ascoltatore con un’intensità drammatica davvero lancinante, in una sintesi personalissima di ricreazioni affilate e analitiche.
E nella storia del Nuovo Teatro resterà incastonata come perla preziosa l’immagine sonora del commiato in quel tendere della musica al silenzio, in un progressivo dissolvimento fino alle soglie dell’udibile per una restituzione pura e commovente, sottolineata dal lento spengersi coreografico delle luci di scena: folgorato, il pubblico è rimasto in silenzio per molti minuti, come trattenendo il respiro, fino all’ultima impalpabile goccia sonora della prima viola Wolfram Christ, che ha visto esplodere tutti i presenti in un’ovazione travolgente di circa mezz’ora.
Davvero un regalo insostituibile per le imminenti festività.